Il sorbetto al vino di Francesco Paganelli
Tra le attività preferite dagli italiani c’è sicuramente l’avere un’opinione su tutto: tempo fa si diceva che ogni quattro anni diventassimo tutti commissari tecnici della nazionale di calcio, poi con l’avvento dei social e della comunicazione globale, ci siamo trasformati di volta in volta in chef, esperti di politica internazionale, critici musicali, criminologi, (purtroppo) virologi e chi più ne ha più ne metta. Uno dei topic più divisivi, che torna di moda ogni volta che si avvicina la bella stagione, è sicuramente il gelato: basta fermare cinque persone a caso e chiedere loro di fare una lista delle migliori gelaterie e si avranno cinque risposte diverse, senza che nessuno sia disposto a spostarsi di una virgola dalle proprie posizioni.
Ogni tanto però ci sono delle eccezioni. Una di queste è il laboratorio milanese di Francesco Paganelli in via Adda, a due passi dalla Stazione Centrale, che occupa da anni le prime posizioni nelle “top ten” dei gelati più buoni della città. Come recita l’insegna, è dal 1930 che la sua famiglia porta avanti la tradizione del gelato artigianale, con un’offerta originale e creativa, sempre alla ricerca di nuovi gusti da affiancare alle proposte più classiche. L’ultima creazione in ordine di tempo, che per ovvia affinità ci ha incuriosito in modo particolare, è quella del sorbetto al vino. Abbiamo chiesto a Francesco di raccontarcela, insieme alla storia della sua attività.
Quando è nata la tradizione di famiglia per il gelato?
“È iniziato tutto con nonno Ugo che, arrivato a Milano dalla Toscana dopo la prima guerra mondiale, doveva trovare un modo per sbarcare il lunario. D’inverno faceva il castagnaccio, il tipico dolce toscano che cucinava a casa e poi vendeva nel piazzale della Stazione Centrale. D’estate invece usciva come tanti altri ragazzi con il carretto dei gelati, che venivano preparati in un laboratorio unico con le macchine ghiaccio e sale e si tenevano al fresco con i panetti di ghiaccio. Inizialmente si producevano solo tre gusti, panna, crema e limone e venivano serviti con le parigine, dal momento che i coni ancora non esistevano. Furono loro ad inventare il detto “Bambini piangete che la mamma ve lo compra”, uno dei primi slogan commerciali della storia.”
Come ti sei appassionato a questo lavoro?
“Sono cresciuto vedendo mio padre e mio nonno fare il gelato e la passione è arrivata di conseguenza. Ho iniziato questo lavoro a 15 anni, quindi sono quarantacinque anni che produco gelato artigianale. Con il tempo alla classica vendita al dettaglio ho affiancato la fornitura per diversi ristoranti importanti di Milano, collaborando con gli chef con cui creiamo gusti ad hoc da inserire nei loro menu.”
La vostra offerta si basa molto sulla ricerca di nuovi gusti. A cosa ti ispiri?
“I tempi cambiano, così come i gusti delle persone: oggi si va alla ricerca di proposte sempre più originali. Sono molto appassionato di viaggi, durante i quali ho avuto la possibilità di scoprire e assaggiare spezie e frutti poco conosciuti da noi, soprattutto in Asia e in Africa, con sapori particolari che mi hanno colpito e incuriosito e che ho deciso di trasformare in gelati e sorbetti.”
Una delle ultime novità è quella del sorbetto al vino.
“L’idea è nata grazie a un amico ristoratore con il quale collaboro da anni, Angelo Bissolotti dell’Osteria del Treno, che voleva inserire nel suo menu dei sorbetti di Moscato e Brachetto. Da lì ho iniziato a sperimentare, cimentandomi con prodotti diversi, più secchi e strutturati rispetto ai classici vini dolci con cui si lavorava normalmente. Generalmente utilizzo vini italiani, ma è capitato anche di creare un sorbetto partendo da una bollicina sudafricana, prodotta da un vignaiolo belga vicino a Cape Town, che ho conosciuto in uno dei miei viaggi.”
Perchè il vino si presta così bene alla creazione del sorbetto?
“Essendo fatto essenzialmente con uno sciroppo di zuccheri e poca acqua, il vino nel sorbetto rimane molto presente, senza risultare troppo dolce. Ad esempio un Sauvignon o un Dolcetto sono facilmente riconoscibili. Il sorbetto ha la capacità di mantenere l’essenza aromatica e gustativa del vino.”
Si può abbinare il sorbetto al cibo?
“Certamente. Oltre ad essere un prodotto fresco da consumare da solo come merenda, può essere abbinato a diversi piatti: penso ad esempio al bianco con un crudo di pesce o una tartare, oppure ad un rosso con una buona selezione di formaggi o una battuta di carne cruda, o anche con dei salumi particolari.”
Oltre ad usarli per lavoro, sei anche un appassionato di vini?
“Sì, mi piace il vino. Prediligo i bianchi del nord-est, soprattutto per i loro aromi e profumi molto intensi. Con i rossi mi piace spaziare, dai classici vini piemontesi e toscani ad altri più strutturati, come Primitivo, Aglianico o Negramaro. Se devo andare a cena da amici, vado sul sicuro con una bollicina di Franciacorta. Con quella non sbagli mai.”
Tra i tanti gusti insoliti di gelato che hai creato nel tempo, ce n’è uno di cui vai particolarmente fiero?
“Un gusto particolare molto apprezzato dalla mia clientela è la lùcuma, un frutto sudamericano sconosciuto qui da noi che ho scoperto durante un viaggio in Perù diversi anni fa. Mi piace creare anche proposte non dolci, come ad esempio ricotta salata e pistacchio, o ancora il sorbetto pomodoro e basilico, sapido e piccante. Dalle collaborazioni con gli chef dei ristoranti nascono sempre idee nuove e inconsuete.”