Michele Zanardo, l’uomo dei disciplinari
Ci ha illustrato la modifica del disciplinare del Prosecco con l’introduzione del “Prosecco spumante rosé millesimato”. Poi ha sfatato per noi alcuni luoghi comuni sul vino. Parliamo di Michele Zanardo, classe 1977, veneto, enologo, libero professionista, Presidente del Comitato Nazionale Vino DOP e IGP e professore a contratto di Legislazione Vitivinicola presso l’Università di Padova. Non c’è due senza tre, così lo abbiamo incontrato nuovamente, questa volta per conoscerlo meglio e farci raccontare il percorso di vita e professionale che lo ha portato al ruolo che attualmente ricopre.
Come è nata la sua passione per il vino?
“Come succede spesso: è nata per caso. Sono figlio di un meccanico e i motori sono ancora oggi una mia grande passione, sono anche presidente di un Abarth Club. Mi sono avvicinato al vino dopo aver frequentato la gloriosa Scuola Enologica di Conegliano a cui sono approdato dopo una valutazione sulla grande varietà di materie trattate: dalla biologia, alla chimica alla meccanica agraria, tutti ambiti affascinanti. L’impiego che ne è scaturito ha fatto poi il resto, e, diciamoci la verità, con rispetto per tutti, il lavoro nel mondo vitivinicolo è decisamente meno noioso di tanti altri.”
Qual è stato il suo percorso scolastico?
“Mi sono diplomato perito agrario, poi durante il lavoro in ambito vitivinicolo, spinto dalla voglia di specializzare la mia professione, ho ripreso gli studi e mi sono laureato in Viticoltura ed Enologia presso l’Università di Padova.”
Chi la ha ispirata nel suo percorso professionale?
“Ho ammirato molte personalità del settore. Posso dire che ad oggi la mia attività si basa su due grandi filoni: la consulenza normativa nel settore vitivinicolo e la componente prettamente tecnico-enologica. Per la prima, posso serenamente affermare che un riferimento per me è stato il Professor Alberto Sabellico, mentre, per la parte tecnica, ogni giorno riesco ad apprendere qualcosa di nuovo grazie al confronto con i colleghi enologi con cui ho la fortuna di confrontarmi.”
Ci racconti alcune esperienze o risultati lavorativi particolarmente soddisfacenti?
“Anche se non si può considerare un lavoro vero e proprio, è stato molto importante aver potuto vivere l’esperienza del Comitato Nazionale Vini, prima come vicepresidente e dal 2018 come presidente. Ho avuto la fortuna di iniziare a farne parte all’età di 31 anni e credo che questa sia stata una delle esperienze che più mi hanno dato la possibilità di crescere professionalmente e che mi hanno inorgoglito.”
Qual è il suo lavoro attuale?
“L’attività di consulenza in libera professione mi permette di spaziare in diversi ambiti, tutti affascinanti in modo diverso. Posso dire che l’impegno sul piano della normativa di settore è molto complesso ma gratificante, anche perché permette al cultore di approfondirne tutti gli aspetti tecnici, fondamentali per capire il senso della componente legislativa. In ambito tecnico poi, il veder nascere un vino, partendo dalla vigna fino ad arrivare alla bottiglia è quasi magico.”
La pandemia come ha cambiato il mondo del vino?
“La pandemia ha modificato profondamente il quadro dei consumi. La contrazione degli stessi, in particolare nel canale Ho.Re.Ca., è stata evidente. Parte delle perdite sono state riassorbite grazie alla GDO, alla consegna a domicilio e alle vendite in rete. Proprio questi ultimi due canali di distribuzione sono quelli che stanno registrando l’attenzione maggiore relativamente allo sviluppo di nuove iniziative aziendali.”
Il suo sogno nel cassetto?
“Riuscire a inquadrare un sistema di promozione che garantisca alle peculiarità vitivinicole italiane di essere apprezzate e riconosciute nel mondo, senza soffrire dei numeri esigui.”
Un vitigno e un vino ai quali è particolarmente legato?
“Sono un uomo nato e cresciuto nella Valle del Piave e il vitigno principe di quest’area, il Raboso Piave, non può che rappresentare un simbolo per me. Un vitigno duttile e austero che si presta a diverse declinazioni enologiche: dalla base spumante al passito, passando per il particolare pregio delle versioni DOC e del Malanotte DOCG, vino quest’ultimo di notevole spessore ed importanza.”