Morrone: il Covid nel vino una fake news

Il Covid-19 esiste. Non è un’invenzione, non ha ridotto la sua carica virale, non è un banale raffreddore: è un virus presente e costante. Il lockdown ha ridotto la diffusione del coronavirus e l’Italia sta tornando a vivere, alla sua quotidianità. Di questa fa parte il mondo della ristorazione, fermo per mesi e oggi nuovamente attivo, anche se a “posti ridotti” per rispettare le norme di sicurezze anti-Covid. Un bicchiere di vino, una cena fuori, una birra con gli amici sono piaceri che possiamo nuovamente permetterci. Inutile credere alle fake news della rete, dei dottor Google e delle diagnosi fai-da-web.

Per combattere queste “credenze” e aiutare la ristorazione nel suo rilancio, oscarwine ha raccolto le domande più comuni sull’argomento coronavirus-locali e le ha rivolte a chi ha competenza e autorità per rispondere: un esperto. Parliamo con il professor Aldo Morrone, Direttore Scientifico dell’Istituto San Gallicano di Roma.

Professore si aspettava che il Covid scoppiasse in maniera così virulenta in Italia?
Nessuno si aspettava una pandemia simile, quando l’infezione virale è scoppiata in Cina tutto ci sembrava lontanissimo. Quando i famosi coniugi cinesi che avevano contratto il virus sono arrivati in Italia il pericolo sembrava imminente e, invece, in quel momento l’epidemia non è esplosa, facendo calare l’attenzione: insomma, il pericolo sembrava scampato. Poi, le cose sono andate come sappiamo tutti e pare che comunque il virus girasse in Europa già da mesi. Nessuno si aspettava oltre 35.000 decessi.

A cosa crede sia dovuta la sostanziale differenza tra l’esposizione del contagio al nord Italia e il resto del nostro paese, sfiorato dalla tragedia?
Le misure restrittive sono arrivate quando nell’Italia del nord oramai era troppo tardi, mentre al sud ancora non si erano sviluppati così tanti contagi. Quindi le misure sono state più efficaci semplicemente perché più tempestive in proporzione ai contagi sul territorio. C’è chi ha azzardato ipotesi sul fatto che l’inquinamento molto diffuso nel nord Italia possa aver fatto sì che le persone risultassero più esposte al contagio ma io credo semplicemente che le misure restrittive siano arrivate nello stesso momento in tutta Italia, quando però la situazione era ben diversa tra Lombardia e Sicilia, per fare un esempio. Se il primo focolaio fosse stato nel sud della penisola avremmo riscontrato esattamente gli stessi dati al contrario.

ALDO MORRONE

Nonostante tutto c’è ancora gente che non crede che il Covid esista o ne sminuisce la pericolosità. Possibile?
Chiaramente queste sono ipotesi complottiste, come siamo abituati a sentirne su qualsiasi argomento in base al periodo. Il Coronavirus esiste purtroppo. Non si è indebolito (non esistono evidenze scientifiche in merito) anche se ora si sta assistendo, in Italia, ad un decremento dei contagi e dei decessi.

Stiamo lentamente riconquistando la quotidianità. In questo momento, chi sta soffrendo di più sono i ristoratori, costretti a una chiusura forzata da mesi e oggi sottoposti a regole ferree che non permettono loro di lavorare come prima. A questo si aggiunge il fatto che la gente ha paura di andare al ristorante. Mangiare fuori è sicuro o no?
Ci sono molti controlli a carico dei ristoratori che quindi sono molto ligi ed è plausibile affermare che sia sicuro mangiare fuori. Non vi è la certezza come se fossimo a casa nostra, ma un ottimo margine di sicurezza. Resta fondamentale seguire tutte le disposizioni, lavare quanto più spesso possibile le mani con acqua corrente e sapone, tenere la distanza di sicurezza e togliere la mascherina soltanto per mangiare. È una nostra responsabilità civile.

Il cibo, una birra o un bicchiere che ci arrivano al tavolo possono essere contaminati come teme qualcuno?
Il virus SARS-CoV-2 si diffonde per contagio inter-umano, e non vi sono prove scientifiche di trasmissione alimentare, associata agli operatori del settore. L’ipotesi è altamente improbabile. Il rispetto delle norme igieniche da parte dei ristoratori – indipendentemente dalla situazione d’emergenza attuale – dovrebbe garantire la totale sicurezza del cliente. Una sanificazione o la pulizia costante e profonda delle varie superfici sono obbligatorie, al di là dell’emergenza pandemica.

Concentriamoci sul vino. C’è chi pensa che ordinare un cartone di vino sia pericoloso perché la scatola potrebbe infettarli se venuta a contatto con un malato di Covid.
Ci sono stati diversi studi in laboratorio che avrebbero dimostrato come il virus possa resistere sugli imballaggi di cartone per un giorno e sulla plastica per diversi giorni. Quindi esisterebbe un remoto rischio di contagio dal contatto con una superficie o un oggetto che è stato contaminato dal virus, se ci tocchiamo bocca, naso ed occhi. Ciò vale anche per le confezioni degli alimenti. Tuttavia, il rischio di contrarre il COVID-19 dal contatto con imballaggi alimentari contaminati è estremamente basso e questa forma di contagio non è stata ancora mai segnalata. Nel quadro normativo europeo la sicurezza degli alimenti è garantita tramite un approccio combinato di prevenzione e controllo che abbraccia le filiere agroalimentari “dal campo alla tavola”. Nel corso della pandemia attuale è ovvio che la tutela dell’igiene degli alimenti ha richiesto azioni aggiuntive finalizzate alla circoscrizione del rischio introdotto dalla presenza di soggetti potenzialmente infetti in ambienti destinati alla produzione e alla commercializzazione degli alimenti.

Sta girando una leggenda metropolitana secondo la quale il vino potrebbe essere contaminato durante l’imbottigliamento…
Come è stato ampiamente indicato da numerosi studiosi, la sopravvivenza del virus nel vino appare impossibile in quanto la concomitante combinazione della presenza di alcol, di un ambiente ipotonico e della presenza di polifenoli impedisce la vita e la moltiplicazione del virus stesso. Insomma si tratta di una delle tante fake news legate al mondo dell’alimentazione. Un’altra notizia falsa diffusasi sul web è ad esempio quella che l’alcol – vino, birra, ect. – stimoli l’immunità e la resistenza al virus. È falsa: l’alcol ha un effetto dannoso sul sistema immunitario e non stimola in alcun modo l’immunità e la resistenza al virus.

Quanto crede dureranno ancora le restrizioni per bar, pub e ristoranti?
Non si possono fare previsioni. Dipende dall’andamento epidemiologico del virus. L’importante è non abbassare la guardia, rispettando le ormai note misure preventive, in primis il distanziamento fisico, le mascherine e la cura dell’igiene personale, specie nei luoghi potenzialmente più rischiosi come appunto quelli da lei menzionati. Se si rispettano le norme indicate, si potrà usufruire dei servizi di ristorazione, senza problemi.

Professore, in Italia diciamo che andrà tutto bene. Non si vede luce invece in Africa, dove lei da anni cura i poveri. Se un minimo di quanto speso in Occidente in pochi mesi per la lotta al coronavirus venisse impiegato nell’acquisto di medicinali e vaccini da destinare ai paesi del continente nero, quante vite si potrebbero salvare?
Tantissime. In Africa si muore ancora per Ebola, per la Malaria, per il Morbillo o la Poliomielite. Il Covid 19 si è abbattuto su una situazione già gravissima. Si pensi al caso della poliomielite, che affligge ancora i bambini di ben 15 paesi africani, o del morbillo, piaga presente soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo: tutte le campagne di vaccinazione di massa sono state sospese e rinviate a causa del nuovo coronavirus. Nella Repubblica Democratica del Congo ad esempio non è possibile attuare nessuna delle misure preventive previste per il Covid-19 per un deficit nei servizi di base: mancano acqua, elettricità e approvvigionamento alimentare. Per non parlare dell’assenza di centri di rianimazione e dei dispositivi di respirazione assistita.  Servono aiuti da tutto il mondo. Il direttore dell’OMS non a caso ha parlato di ‘solidarietà e scienza’, chiedendo ai paesi più ricchi e sviluppati di dare un contributo a paesi più poveri e, per esempio, ha fatto in modo che in Africa si allestissero laboratori per eseguire i tamponi, che arrivassero quindi le strumentazioni e che fossero inviati dei medici esperti.  Uno dei problemi più gravi in Africa è ancora la mancanza di farmaci, soprattutto quelli antitumorali; poi c’è la questione gravissima dei farmaci contraffatti: circa 100 mila persone l’anno muoiono per questa ragione. Le campagne per il diritto alle cure ovunque e per l’ottenimento di un doppio prezzo per i farmaci, uno per i Paesi ricchi ed uno ridotto per renderli accessibili ai Paesi più poveri, devono continuare e coinvolgere le istituzioni e le aziende farmaceutiche e rappresentano oggi una delle sfide più importanti che deve affrontare il mondo occidentale.

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