Space Cargo Unlimited e il Bordeaux da…Goldrake

Goldrake mangiava libri di cibernetica e insalate di matematica…ma cosa beveva? La canzone Ufo Robot di Luigi Albertelli, Vince Tempera e Ares Tavolazzi non svela l’arcano, ma tra pochi giorni scopriremo, invece, se sia possibile affinare vino e coltivare uva nello spazio e con quali risultati.

Una settimana fa, dodici bottiglie di Bordeaux e tralci di Merlot e Cabernet Sauvignon, spediti rispettivamente a novembre 2019 e a marzo 2020 sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per valutare l’invecchiamento del vino a gravità zero e l’impatto della permanenza nel cosmo sulla biologia delle piante, sono tornati sulla Terra, ammarando nel Golfo del Messico.

Il progetto è nato da un’intuizione di Nicolas Gaume, imprenditore francese e creatore di videogiochi, e del basco Emmanuel Etcheparre, ideatore di Wine Alley, uno dei primi social network sul vino, che hanno fondato insieme Space Cargo Unlimited, start-up nata nel 2014 con l’idea di diventare il primo “spedizioniere spaziale”.

Il vino – del quale è ignoto il nome dello Château produttore – ha riposato nella stazione spaziale per oltre un anno a 18°C e ora, dopo l’affinamento in orbita, tornerà oltralpe dove sarà analizzato e degustato in una comparativa con le bottiglie gemelle rimaste sulla Terra.

Non è la prima volta che una bevanda alcolica viene spedita oltre l’atmosfera per valutare l’impatto della gravità zero. Ad aprire la strada fu la distilleria Ardbeg, creatrice del primo whiskey invecchiato nello spazio, seguita dalla giapponese Suntory,  al centro di un progetto, sempre sul whiskey, ideato in collaborazione con i professori Shigenao Maruyama e Mitsuhiro Shibayama.

Lo spazio avrà trasformato il Bordeaux in un supervino? Di certo, le bottiglie, se messe in vendita, avranno un prezzo “galattico”, un privilegio per pochi.

Quali sentori avrà il vino? Meteoriti, polvere di stelle, coda di cometa?

E se invece sapesse…di tappo?

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