Tradizione cinese e calici d’autore da Bon Wei
In occasione dell’anteprima stampa del menu degustazione proposto dal ristorante milanese Bon Wei per il Capodanno cinese, che ha festeggiato l’ingresso nell’anno del coniglio, abbiamo avuto il piacere di intervistare Zhang Le, sommelier Fisar e direttore del locale, affiancato in cucina dal padre, lo chef executive Zhang Guoqing. Con Le abbiamo parlato della sua storia e delle idee sugli abbinamenti tra i piatti della cucina regionale cinese e i vini italiani (e non solo).
Iniziamo dalla sua storia personale e da quella di Bon Wei.
“Sono arrivato in Italia da piccolo, nel 1989. Mio padre, chef da tre generazioni, era già qui, a Padova, dove ha avviato prima una rosticceria, poi un bar e infine un ristorante. L’idea di Bon Wei è nata da una chiacchierata tra lui e il suo ex socio: secondo loro, in una piazza importante come quella di Milano mancava un punto di riferimento per la vera cucina cinese. In Italia fino ad allora si conosceva solo la cucina cantonese, fatta per lo più di piatti adattati al gusto occidentale. Con l’apertura di Bon Wei nel 2010 abbiamo voluto sviluppare un menu basato sui piatti tradizionali delle otto regioni della gastronomia cinese (“Badacaixi”), ai quali nel tempo abbiamo abbinato la contemporaneità di materie prime occidentali come il foie gras, il tartufo, l’aceto balsamico. Oggi siamo arrivati ad avere più di 100 piatti diversi in carta.”
Quando nasce la sua passione per il vino?
“Mi sono avvicinato al mondo del vino sin dai tempi di Padova, dove ho anche studiato da sommelier. Quando sono arrivato al Bon Wei, circa due anni dopo l’apertura, ho cercato di portare il mio punto di vista, iniziando dai vini veneti che conoscevo meglio e ampliando poi la carta fino ad arrivare alle oltre 300 referenze di oggi, che riescono a soddisfare qualunque tipo di richiesta. Quando posso, mi piace visitare le cantine e assaggiare nuovi vini per allargare gli orizzonti. Questo vale per i vini italiani e francesi ma anche per nuove realtà come Israele, Sudafrica e Australia, che ho avuto modo di visitare qualche anno fa.”
Come si costruisce una carta dei vini per un ristorante come Bon Wei?
“In Cina non esiste una cultura dell’abbinamento cibo-vino, perchè si usa mangiare spesso carne e pesce insieme. Fino a 10-15 anni fa andavano molto i vini toscani, rossi corposi che si adattano facilmente a piatti diversi. Secondo me bisogna andare oltre: per ogni tipologia di cucina esistono abbinamenti precisi e non è detto che siano sempre quelli classici. Si possono scegliere rossi leggeri come Pinot Nero e Lagrein per piatti di pesce dal sapore forte e piccante, oppure arrivare anche ad abbinamenti più estremi. Ad esempio mi piace accompagnare il manzo stufato del Sichuan con peperoncini freschi e secchi con uno Sforzato di Valtellina o un Amarone, la cui persistenza esalta il gusto piccante del piatto. I rossi toscani, delicati e dolci in bocca ma abbastanza strutturati, possono reggere il sapore forte del pepe, mentre vini bianchi aromatici come il Gewürztraminer si sposano molto bene con salse agrodolci su piatti salati.”
Avete anche proposte al calice?
“Abbiamo una decina di tipologie di vini in mescita, sia per accontentare la clientela a livello di prezzo che per il wine pairing sulle tavolate più piccole, che giustamente non ordinano una bottiglia diversa per ogni portata. Cerchiamo sempre di variare le proposte: come bianchi ne scegliamo uno minerale e uno più aromatico, sui rossi magari un toscano più strutturato insieme ad uno più “beverino” come il Pinot Nero. Per le bollicine, un brut e un blanc de blancs o un rosè.”
Com’è il rapporto con la clientela? Quanto sono disposti ad ascoltare le vostre proposte?
“Il nostro è un locale dal respiro internazionale, con una clientela piuttosto varia. Il cliente straniero (soprattutto russo o arabo) pretende sempre il massimo, quindi dobbiamo per forza avere in carta anche i nomi top come Pétrus e Romanée-Conti, o per restare in Italia Sassicaia e Tignanello. Di solito in questi casi il nostro consiglio sull’abbinamento viene colto pochissime volte, quindi non resta che assecondare le richieste: la professionalità prima di tutto. Se il cliente vuole una determinata bottiglia, è più semplice per noi fare il contrario, suggerendo il piatto giusto. Con la clientela abituale è diverso: cerchiamo di farci conoscere, di sviluppare un rapporto di fiducia e a quel punto diventa molto più facile proporre novità e abbinamenti anche più azzardati.”
Abbinamenti azzardati come ad esempio…
“Con una cernia o un rombo in salsa chili, pesci grassi e saporiti, possiamo andare su prodotti più estremi come la Ribolla Gialla di Gravner o quella di Damijan Podversic, oppure su vini con gradazioni importanti che fanno molto legno come il Pinot Grigio Vie de Romans.”
Qual è il vino più costoso che avete in carta?
“Sicuramente il Petrus Pomerol: oggi abbiamo 7-8 annate differenti in carta, dal ’97 in avanti.”
Ha un vino del cuore?
“Sono un grande amante del Pinot Nero e secondo me quello di Plonerhof è una delle eccellenze assolute in Italia, con un ottimo rapporto qualità-prezzo. Come bianco direi Anforaje di Jacopo Bianchi, uno Zibibbo sapido non filtrato, che lasciato riposare nel bicchiere durante la cena ha un’evoluzione straordinaria.”
Crede che gli health warnings sulle bottiglie possano avere impatto sulla vostra attività?
“Non sono d’accordo in generale con questo tipo di comunicazione aggressiva. Sappiamo tutti che i vizi e gli abusi fanno male e credo che il consumatore medio sia abbastanza consapevole. Onestamente non penso che per noi cambierebbe molto: chi vuole bere vino, continuerà a farlo, indipendentemente dai messaggi sulle etichette.”
Idee per il futuro di Bon Wei?
“Per quanto riguarda i vini, sto approfondendo la conoscenza del mondo biologico e biodinamico. Mi piacerebbe anche aumentare la proposta di referenze dalla Borgogna, che negli ultimi anni tra le gelate e il lockdown è rimasta un po’ indietro sul mercato, magari andando alla ricerca di nuove etichette.”
Durante la cena, oltre agli abbinamenti tra i vini del catalogo della nuova agenzia milanese Distribuendo Wine & Spirits e i piatti di chef Zhang, sono state presentate due bottiglie di champagne (un Salon Blanc de Blancs Le Mesnil – Brut 2012 e un Cristal Rosé 2009 Louis Roederer) personalizzate dallo street artist Teo Kaykay con il simbolo del coniglio, il suo ideogramma e il tag con cui firma le sue opere, il caratteristico diamante. Le bottiglie sono due pezzi unici: una è stata messa all’asta, mentre l’altra resterà nella collezione di Bon Wei.