Osteria della Stazione, sapori friulani a Milano

Osteria della Stazione, l’originale dal 1997”. E, poi, “Consolato friulano a Milano”. Basterebbero nome e pay off per raccontare storia e contenuti di questo locale milanese a pochi passi dalla Stazione Centrale. Un luogo, quasi un’enclave, dove si respirano sapori, vini e cultura del Friuli-Venezia Giulia. Calda e accogliente, per un’importante identità regionale, è la casa di Gunnar Cautero, proprietario e ristoratore, o meglio oste, con il cuore ancora laggiù dove è nato, ma milanese quasi da sempre. Un carismatico signore di mezz’età, con un passato agonistico di alto livello da giocatore di football americano: temperamento e personalità friulani uniti a un’indole pratica e imprenditoriale meneghina.

GUNNAR CAUTERO

Gunnar, raccontaci l’Osteria della Stazione.
Il locale è nato nel quartiere dell’Isola, all’interno del Teatro Verdi, poi nel giugno del 2012 ci siamo trasferiti qui, a pochi passi dalla Stazione Centrale. La volontà, per mia passione e attaccamento alla terra di origine, è quella di fare cucina di qualità tipicamente friulana utilizzando materie prime locali.

Venticinque anni di ristorazione per un DNA friulano e, al tempo stesso, meneghino.
“Sono convinto che se fossi venuto via dalla mia terra già da adulto, il progetto dell’Osteria della Stazione non sarebbe così com’è ora. Ma io, malgrado sia nato di fronte alla birreria Moretti di Udine vivo a Milano dall’età di quattro anni; questo mi ha permesso di formarmi imprenditorialmente, con uno spirito molto pratico che si ritrova nel mio locale”.

Testardaggine del nord-est e volontà di fare da “milanese imbruttito” quindi?
“È la sintesi perfetta: essendo profondamente legato a questa città e, allo stesso tempo, ai miei luoghi d’origine ho unito queste caratteristiche nel matrimonio ideale dell’Osteria della Stazione: quattrocento chilometri, quelli che separano Milano dal Friuli, qui si annullano in un istante.

Il Friuli a tavola, le ricette, la cultura gastronomica che ne descrive gente e territorio: che piatti racconta la tua cucina?
Parla ovviamente della mia terra: i risotti, le paste ripiene, i tagliolini fatti in casa così come il pane, il celebre frico con patate di Godia, le cipolle di Cavasso e il Montasio, le carni di pezzata rossa friulana, la cassouela d’oca e molti altri, a seconda di disponibilità, periodo e scelte, mie e dello chef”.

 

L’Osteria della Stazione è il Friuli nei piatti, ma lo è anche nel bicchiere, per distillati e vini; in più sei anche sommelier ed enotecario professionista.
“Sono più o meno duecentocinquanta i vini scelti personalmente, alcuni in esclusiva per il mio locale e, comunque, tutti di estrema qualità da piccoli produttori di nicchia. Il denominatore comune è la scelta di privilegiare l’eccellenza e condividere con le cantine con le quali collaboro la stessa filosofia produttiva. Un esempio? Qui si possono trovare più di venticinque Tocai (il nome originario del Friulano – ndr), differenti per annata, mani e zona”.

Il progetto enologico non si limita però a ricerca e proposta di etichette territoriali e di qualità; c’è infatti una novità che ti riguarda.
“Lo scorso febbraio ho presentato Maistri, il primo vino a mio nome e, in generale, il primo su Milano firmato (e concepito) da un ristoratore. È uno Chardonnay Isonzo DOC del 2018, prodotto in sole 600 bottiglie dall’azienda Colmello di Grotta a Farra di Isonzo. È un vino affinato per due anni in anfore di grès porcellanato e successivamente in botti di legno: solido, elegante, armonico, dalla forte identità. Viene servito fresco, ma poi viene lasciato a temperatura ambiente affinché, scaldandosi, possa esprimere tutte le diverse sfaccettature durante il pasto”.

Un vino così importante e identitario avrà un preciso significato…
“Tutto è iniziato nel 2018, l’anno della Tempesta Vaia che per quattro giorni ha devastato il Triveneto, della scomparsa del presidente del Fogolâr Furlan di Milano Marco Rossi, al quale questo vino è dedicato, e della vendemmia delle uve chardonnay musquè a Farra di Isonzo: sono queste tre cose che, insieme, costituiscono l’anima di Maistri. L’idea è nata da una telefonata, quando Carlo Fossaluzza della cantina Colmello mi chiese se potessi essere interessato al loro Chardonnay. Maistri, oltre a sapore, profumo e identità territoriale, è tutto questo”.

Maistri è un esperimento isolato, oppure pensi che possa essere il primo di una lista di vini a tuo nome?
“Maistri rappresenta l’inizio di un mio percorso enologico identitario, in linea con la cucina che l’Osteria della Stazione propone. Sto pensando per il futuro a un rosso, a un vino bianco da dedicare a mio papà e magari a un Tocai a mia firma per arrivare, prima o poi, a una grappa tutta particolare; sono progetti ai quali sto già lavorando. Sempre e solo nel nome dell’eccellenza e, ovviamente, del Friuli”.

Photo credits: Claudia Reali

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