Buttafuoco Storico: eccellenza in Oltrepò

Per chi non avesse familiarità con questo nome, il Club del Buttafuoco Storico non è un circolo dedicato agli amanti delle armi ma a quelli del buon vino dell’Oltrepò Pavese. Parliamo di una giovane Doc con regole ben precise che ha come obiettivo vini di qualità e valorizzazione del territorio. Ce ne ha parlato Armando Colombi, direttore del Club presieduto da Marco Maggi.

Direttore, iniziamo dalla storia del Buttafuoco.
“Il Club nacque nel 1996 per volontà di undici viticoltori che volevano valorizzare il nostro territorio e il suo vino, il Buttafuoco Storico appunto.”

Di che zona parliamo?
“Ci troviamo sotto il fiume Po quasi al confine con l’Emilia, nella parte più a nord dell’Appennino; siamo sullo sperone di Stradella, tra i torrenti Scuropasso e Versa, nell’area dei Comuni di Broni, Canneto Pavese, Castana, Cigognola, Montescano, Stradella e Pietra de’ Giorgi.”

Il nome invece come nasce?
“La leggenda narra che il poeta milanese Carlo Porta comprasse il vino sulle nostre colline e quando lo beveva esclamava ‘al buta me al fueg’ (scalda come il fuoco): da qui il termine vino Buttafuoco.”

Il fuoco lo “butta” davvero?
“Parliamo di un vino di grande struttura, importante, da invecchiamento che per tradizione viene prodotto esclusivamente nell’area che ho descritto prima. Nasce da vigne composte da quattro vitigni autoctoni, raccolti e vinificati sempre congiuntamente: 50% di Croatina, 25% di Barbera, 25% tra Ughetta di Canneto e Uva rara. Non è un blend di vino ma di uva, sia chiaro.”

ARMANDO COLOMBI

Prima di andare avanti, le vigne per voi sono molto importanti.
“Assolutamente, prima del 2010 la Doc Buttafuoco non esisteva, la produzione aveva il ‘cappello’ generico Oltrepò Pavese Doc. Con la nascita del Club ci siamo dati un regolamento stringente e la menzione Vigna è sempre indicata in etichetta ad eccezione di un vino solo che poi racconterò. Le vigne dove coltiviamo le uve devono inoltre essere tutte con una importate storia alle spalle e quindi per tradizione aver dato alla luce sempre vini rossi di grande struttura.”

Come si chiamano queste vigne?
“Vigna di Frach, Vigna Casa Barnaba, Vigna Poggio Cà Cagnoni, Vigna Canne, Vigna Pregana, Vigna Pitturina, Vigna Bricco in Versira, Vigna Costera, Vigna Del Garlenzo, Vigna Casa Del Corno, Vigna Sacca Del Prete, Vigna Catelotta, Vigna Montarzolo, Vigna Pianlong e Vigna Badalucca, Vigna Solenga, Vigna Cà Padroni.”

Passiamo dall’elenco delle vigne a quello delle regole per produrre il Buttafuoco.
“Il vino può essere venduto solo dopo un periodo minimo di 3 anni dalla vendemmia, di cui almeno dodici mesi di affinamento in legno di rovere (la dimensione delle botti è a discrezione delle aziende) e almeno 6 mesi in bottiglia.”

Lei però accennava a regole più stringenti.
“Prima di arrivare alla vendita bisogna superare molti passaggi. Inizialmente gli agronomi verificano la quantità e la salute delle uve, stabilendo la data di raccolta. Il febbraio successivo alla vendemmia gli enologi fanno una prima degustazione alla cieca dei prodotti, verificando se le fermentazioni si siano svolte in maniera corretta. In base ai loro riscontri forniscono eventuali indicazioni per migliorare il vino che sarà nuovamente assaggiato a marzo dell’anno successivo, dopo quindi 13 mesi. Se durante queste degustazioni il vino non dovesse rispondere ai parametri richiesti verrebbe declassato da Buttafuoco Storico a Buttafuoco normale. Infine prima dell’imbottigliamento viene effettuata un’ultima degustazione alla cieca che assegna un punteggio in centesimi: i vini chi superano gli 80/100 diventano Buttafuoco Storico e possono essere messi nella bottiglia col veliero (la cui storia mista a leggenda meriterebbe un racconto a parte – ndr) dove dovranno affinarsi per almeno altri 6 mesi.”

IL LOGO CON IL VELIERO

Sulla bottiglia c’è un ulteriore segno distintivo.
“Oltre al veliero, applichiamo sul collo un bollino ovale con un numero di serie che certifica tutta la filiera del prodotto e sullo stesso sono impresse anche le famose fiamme, da tre a sei, che indicano il valore qualitativo medio dell’annata. Da quando il nostro consorzio è nato, le 6 fiamme sono state assegnate solo all’annata 2007 mentre i Buttafuoco Storico con cinque fiamme sono più numerosi, soprattutto nelle annate più recenti caratterizzate da un caldo torrido, situazione ottimale per le uve destinate a diventare vini rossi di grandi struttura.”

Questa valutazione aiuta nella scelta dei vostri vini?
“Se parliamo di qualità, tutte le vigne ne hanno e anche piuttosto alta. Un elevato numero di fiamme indica che quel vino potrà invecchiare molti anni senza problemi ed anzi migliorerà con il tempo. Un numero di fiamme basso invece, ci spiega che il rosso scelto non sarà particolarmente longevo e che andrà bevuto nel giro di pochi anni. La longevità non si discute; una eventuale ‘decadenza’ precoce del prodotto dipende da cause esterne, come una conservazione sbagliata, o da problemi con i tappi.”

Ne avete avuti?
“Anni fa abbiamo scoperto che la particolare forma svasata delle nostre bottiglie mal si adattava a tappi troppo lunghi. Alcuni vini si ossidavano e non ne capivamo la ragione. La tecnologia ci è venuta in aiuto e grazie ad approfondite analisi abbiamo adottato soluzioni più moderne. Ora abbiamo stretto un accordo con un’azienda che produrrà dei tappi monopezzo ad hoc certificati.”

Ha parlato di tecnologia. Quanto vi affidate alla scienza?
“In continuazione: non si smette mai di scoprire qualcosa di nuovo, utile a migliorarci; ad esempio con alcuni docenti internazionali abbiamo valutato e sviluppato nuove tecniche per migliorare il lavoro in vigna e in cantina. L’Università di Piacenza ci sta aiutando con una mappatura del DNA del Buttafuoco Storico, dalle analisi delle uve al prodotto finito, passando per gli step intermedi. Le singole valutazioni ci permetteranno di vedere meglio cosa si perde o cosa si guadagna nei vari passaggi che portano alla nascita del nostro vino e quindi di aggiustare il tiro.”

Il tiro si aggiusta anche in vigna.
“Mi ha dato l’assist per spiegare un punto importante del nostro regolamento. Non abbiamo una resa di uva per ettaro ma di vino per ettaro: 48 ettolitri. Le nostre regole ci impongono rese basse e uva raccolta a mano dopo accurata selezione. Le quattro uve hanno diversi tempi di maturazione e per questo motivo al momento di fare i nuovi impianti, scegliamo i cloni più adatti in base al terreno, all’esposizione al sole e all’altitudine.”

LA SEDE DEL CLUB

Ci parli delle aziende.
“Sono 16 aziende iscritte al nostro Consorzio, le vigne sono 17 ed i vini 18.”

Perché uno in più?
“Nel 2015 abbiamo presentato ‘I Vignaioli del Buttafuoco Storico’, nato dall’assemblaggio dei Buttafuoco ottenuti nelle vigne Storiche. È un vino consortile, sul quale, a differenza degli altri, non è indicato alcun nome di vigna. È un prodotto che ci rappresenta, ottimo per farci conoscere nelle degustazioni e come biglietto di visita all’estero, un giusto inizio per scoprire il nostro territorio.”

Al mercato con che numeri vi approcciate?
“Per l’annata 2019 avremo a disposizione circa 80.000 bottiglie e calcoliamo di aumentare leggermente nel 2020 per superare le 100.000 nel 2021. Siamo in crescita da alcuni anni sia come richiesta che come produzione.”

Abbiamo accennato al 2021, un anno di grandi festeggiamenti.
Spegneremo 25 candeline e stiamo lavorando per organizzare un viaggio tecnologico nella storia del consorzio, ma tutto l’anno sarà ricco di eventi. Apriremo le danze la prima domenica di febbraio per festeggiare il quarto di secolo; a maggio ci sarà Scollinando, la nostra tradizionale camminata nelle vigne storiche con assaggio dei vini ottenuti nelle stesse, mentre le prime due domeniche di novembre saranno dedicate a Scodellando, con visita alle cantine del Club e assaggio del vino preso anche dalle botti e degustato nelle tradizionali Scodelle.”

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