Cucina italiana patrimonio UNESCO ma c’è anche il vino

L’UNESCO ha riconosciuto la cucina italiana come patrimonio culturale immateriale globale. Squilli di tromba, Colosseo a colori, sfilata di dichiarazioni piene – giustamente – d’orgoglio, dalla premier Giorgia Meloni ai cuochi stellati passando per la casalinga di Voghera.

Tutto giusto, tutto bellissimo ma, personalmente, non credo servisse l’UNESCO per dirci che la nostra cucina è patrimonio dell’umanità. Basta fare un giro sui social, Instagram in particolare, per vedere i video postati da cittadini di tutto il mondo con commenti entusiastici sui piatti preparati nel nostro Paese e, soprattutto, per i giudizi su altre cucine, in primis quella statunitense riguardo la quale molti utenti chiedono, ironicamente, come facciano oltreoceano a essere ancora vivi con quello che mangiano e col loro sistema sanitario nazionale.

A questo punto, bisognerebbe fare due considerazioni. Abbiamo la migliore cucina al mondo ma, da un punto di vista dei diritti di chi lavora nel settore e degli stipendi, c’è ancora molto da fare.

francesco ricciardi

FRANCESCO RICCIARDI

Poi, premesso che alcune zone vitivinicole italiane sono già patrimonio dell’UNESCO dovremmo discutere del contributo che il vino dà ai nostri piatti – aromi particolari e sapori unici – e del fatto che sia un ingrediente chiave in alcuni processi, come le sfumate rapide, le lunghe marinature, o liquido di cottura principale. Primi, secondi e dolci beneficiano del vino, sempre diverso a seconda della regione, dosato in base alla ricetta e quindi unico nel suo genere: sapori sempre unici e riconoscibili. Per questo, ricordiamo che se la cucina italiana ha ricevuto questo prestigioso riconoscimento, è sicuramente anche merito del vino.

Infine, raccogliamo il significativo contributo di Francesco Ricciardi, cuoco romano trapiantato in Emilia-Romagna, con esperienze negli Hotel Excelsior, Sheraton, Majestic, Hilton, Park Hotel Gstaad, e nei ristoranti Meo Patacca, Paddock Maranello, Bottega Portici, attualmente Chef presso l’Officina della senape di Modena: “In cucina il vino ha due funzioni: far partire con una marcia in più la preparazione e dare struttura e sapore al piatto finito. L’esempio classico è il brasato al Barolo; in Italia usiamo tagli ricchi di collagene che hanno bisogno di lunghe cotture. Poi, ci sono le marinature lunghe o brevi, soprattutto per piatti a base di pesce. In ogni caso, qualunque ricetta parte da un soffritto e da una sfumatura di ottimo vino mentre per, quanto riguarda le riduzioni, parliamo di un concentrato che esalta ancora di più di il risultato finale, facendo letteralmente esplodere le papille gustative.”

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