La Milano del vino di Federico Gordini

Oscarwine ha incontrato Federico Gordini, ideatore e presidente di Milano Wine Week, la rassegna dedicata al mondo del vino del capoluogo lombardo. L’imprenditore milanese ha tracciato un bilancio di questa quarta edizione appena conclusa e ci ha raccontato le sue idee sul futuro della manifestazione e sulle prospettive del mondo del vino dopo la tanto attesa ripartenza.

FEDERICO GORDINI E BEPPE SALA

Cosa porti a casa dall’edizione di quest’anno?
“Porto a casa sicuramente una Milano Wine Week in grande crescita, che ha dimostrato una forte resilienza negli ultimi due anni, per motivi diversi entrambi molto difficili per tutti. Il mio team è riuscito a fare un ottimo lavoro organizzativo, nonostante le incertezze e il poco tempo a disposizione: abbiamo animato una città, allargato il respiro internazionale grazie agli 11 collegamenti in tutto il mondo, aumentato la presenza digitale con i nostri forum e abbiamo lanciato il nuovo format di Wine Business City. A questo proposito sono contento della scelta di costruire un evento puramente b2b, rinunciando magari a risultati di pubblico superiori (l’evento di Slow Wine, con le due giornate completamente sold out, nè è la dimostrazione) ma impostando un percorso che darà grosse soddisfazioni in futuro.”

Come è nata l’idea di Milano Wine Week?
“È partito tutto dall’idea che Milano meritasse un grande evento dedicato al vino, l’unica eccellenza italiana che ancora non aveva un suo momento in città, costruendo una sinergia tra tutti gli interlocutori che in soli quattro anni ha portato a un risultato straordinario, considerando anche che le ultime due edizioni sono state fortemente condizionate dalle restrizioni legate al Covid.”

Quanto può diventare importante Milano come nuovo polo di attrazione per il mondo del vino?
“Milano è la capitale della comunicazione, del marketing, dell’innovazione e della tecnologia e il vino ha bisogno di questi quattro elementi per poter emergere e aumentare la sua visibilità in termini di valore, senza dimenticare il mondo della finanza che negli ultimi anni si è avvicinato in maniera importante al nostro settore. La centralità di Milano sarà ancora più importante nel momento in cui, speriamo già con l’inizio del 2022, si riprenderà a lavorare seriamente sull’incoming, sia degli addetti ai lavori che del turismo puro. Il potenziale della città come hub enoturistico è straordinario grazie alla sua posizione vantaggiosa rispetto ad alcuni dei territori vitivinicoli più importanti del Nord Italia ma non solo, visto che ormai per arrivare in Toscana bastano meno di due ore di treno: ci sono tutti i presupposti per far diventare Milano e la Wine Week un luogo e un momento da cui possono partire tantissime esperienze. Ricordiamoci che solo tre anni fa è stato battuto il record di presenze turistiche in città, sfiorando i 12 milioni di visitatori.”

Cosa ti aspetti per il futuro?
“Vedo la necessità di aumentare le aperture verso il consumatore finale e al contempo di rendere sempre più professionali le occasioni di incontro tra gli operatori del settore. Dobbiamo avere la capacità, sia in termini di comunicazione che di organizzazione di eventi, di procedere su due linee parallele ma diverse. La decisione che noi abbiamo preso con Wine Business City porta sicuramente a fare delle rinunce, ma è fondamentale mantenere la propria identità, in un senso o nell’altro. Anche all’interno della stessa manifestazione ci possono essere linguaggi e momenti diversi: ad esempio la modalità del banco di assaggio tipica degli eventi professionali non deve per forza essere anche l’unico veicolo di presentazione dei prodotti al pubblico, ma ci sono alternative altrettanto valide come le cene con i produttori o altri momenti di incontro.”

Come è cambiato secondo te l’approccio al mondo del vino in questi anni?
“Oggi più di prima c’è una grande curiosità. Il vino è una materia sconfinata con diverse chiavi di lettura e suscita una voglia spontanea di approfondimento e di vivere delle esperienze, dall’enoturismo classico all’appuntamento con il produttore, fino alla cultura dell’abbinamento. Per raggiungere il grande pubblico dobbiamo avere la capacità di abbassare la soglia di ingresso al nostro mondo: se da una parte rimane fondamentale l’approccio tecnico delle degustazioni e delle masterclass per la fascia di utenti più esperti, è altrettanto vero che abbiamo la necessità di avvicinare e guidare sempre di più il consumatore che, soprattutto durante la pandemia, si è trovato senza una mediazione ed ha iniziato a formare un proprio gusto e a sperimentare. Bisogna creare le strutture a livello comunicativo ed esperienziale per fare in modo che questa nuova utenza diventi ambasciatrice del prodotto vino.” 

La comunicazione a distanza è gioco forza cresciuta durante la pandemia. Come si può conciliare con il vino che richiede invece un approccio diretto?
“Il consumo casalingo del vino è aumentato con il lockdown e insieme ad esso sono nate nuove forme di intrattenimento virtuale, che rimangono inevitabilmente connesse alla dimensione fisica: nella scorsa edizione ad esempio per gestire i Wine Telling ci siamo organizzati con i retailer online per dare la possibilità agli utenti di ricevere a casa le bottiglie prima dell’evento. In questi due anni abbiamo iniziato a capire il potenziale del digitale e molte realtà hanno preso decisioni strategiche in questo senso, ma è inevitabile che ci sia la necessità e la voglia di tornare alle esperienze dirette: la somministrazione, gli eventi, l’enoturismo. Quello che ci lascia la pandemia (e l’abbiamo sperimentato quest’anno con i dati di download della nostra app di Milano Wine Week) è che la dimensione digitale è ormai entrata stabilmente a supporto e a servizio dell’esperienza fisica.”

Chiudiamo parlando del tuo rapporto con il vino. Come è nato questo amore?
“Costruisco progetti di comunicazione sul mondo del vino, ma sono prima di tutto un sincero appassionato, anche perchè credo che la passione e la costanza siano fondamentali per portare avanti nel modo giusto questi progetti. Da piccolo passavo le estati in Oltrepò Pavese, dove la mia famiglia ha una tradizione piuttosto importante nel mondo del vino e quindi ho respirato da sempre l’aria delle vigne e delle cantine. Con gli anni ho sviluppato quella che da una passione si è trasformata poi in un lavoro che mi ha portato a vivere esperienze enoturistiche di ricerca e di contatto con persone e territori straordinari sia in Italia che all’estero. Se dovessi scegliere un vino del cuore non saprei cosa rispondere, perchè per me il vino è legato a ricordi, momenti, emozioni e potrei passare ore a raccontare aneddoti e storie legati ad ogni bottiglia che ho assaggiato.”

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