
Enoforum, come trasmettere la conoscenza al mercato
La natura è bella ma, senza la conoscenza, non si può produrre un grande vino. È quanto è emerso dal seminario “I vini della conoscenza, scienza e buone pratiche per un vino identitario con espressione varietale e di territorio”, organizzato nell’ambito di Enoforum, tra i principali congressi tecnico-scientifici d’Europa per il settore vitivinicolo, ospitato negli spazi di Veronafiere dal 21 al 23 maggio. Un sapere che parte dalla ricerca scientifica, che in questi anni ha consentito di rendere i vini sempre più sicuri, buoni e anche rispettosi dell’ambiente. Eppure, troppo spesso, la narrazione verso il consumatore demonizza questo ruolo essenziale, convincendolo che la qualità nasca dal fare meno possibile in vigneto e in cantina.
Grazie a interventi di professori universitari, produttori e giornalisti, moderati da Francesco Iacono, Direttore ONAV, l’incontro “I vini della conoscenza” ha aperto la riflessione su come comunicare in modo chiaro ed efficace il grande lavoro di migliaia di scienziati, ricercatori, tecnici che, quotidianamente, studiano come rendere un vino identitario e al tempo stesso sicuro e salubre. Un limite nasce dall’Università stessa, come evidenziato dal professor Luca Rolle dell’Università di Torino, dove i ricercatori, spesso, ambiscono alla pubblicazione dei propri studi in testate specializzate dedicandosi alla ricerca pura più che a quella applicata.

FRANCESCO IACONO
Un altro scoglio è legato alla comunicazione nei media che condizionano la percezione del consumatore, convinto che il vino migliore e più sostenibile sia quello dove il produttore non fa nulla o quasi. Proprio il consumatore è disorientato da comunicazioni troppo complesse, basti pensare che, solo parlando di sostenibilità, esistono ben 64 marchi diversi che, a seconda del bollino, danno diversa percezione. Proprio questa parola, sostenibilità, fa rima con ricerca, dove questa può contribuire in modo determinante, come sottolineato da Mario Pojer, produttore trentino che da molti anni produce Piwi, vitigni che consentono anzitutto di usare molti meno prodotti fitosanitari in vigneto, ma sono anche dotati di altre caratteristiche interessanti.
Il Solaris, ad esempio, vitigno usato per Zero Infinito, vino in degustazione, presenta naturalmente 2 grammi di acido tartarico in più rispetto alle varietà di Vitis Vinifera. Un grande vantaggio in uno scenario in cui, a causa delle alte temperature, il crollo dell’acidità rappresenta una delle problematiche maggiori per i produttori di vino. A intervenire sull’importanza di utilizzare i frutti della ricerca per produrre vini migliori sono stati anche Salvatore Rizzuto dell’azienda Al_Cantara di Randazzo, in Sicilia, e Luca Balbiano dell’azienda Balbiano di Ardezeno, in Piemonte.
“La ricerca non è una macchina che si muove in una sola direzione, al contrario, si adatta con elasticità alle nuove esigenze.” Afferma Gianni Trioli, presidente di Vinidea, società organizzatrice di Enoforum. Basti pensare che 20 anni fa si selezionavano lieviti ad alta resa di alcol mentre oggi si cercano lieviti inefficienti o che la selezione clonale era mirata ad avere cloni ad alto sviluppo di zuccheri mentre oggi si cerca la resistenza allo stress idrico, solo per citare due esempi. Un’evoluzione continua che porta le aziende fornitrici a rispondere alle nuove esigenze con soluzioni all’avanguardia in tre direzioni. La prima è la riduzione degli input in vigneto, la riduzione degli input in cantina, la sostenibilità aziendale attraverso il recupero dei sottoprodotti.
Un’evoluzione che richiede un adattamento da parte di tutti, compresi i divulgatori, come sottolineato dal direttore ONAV, che ha evidenziato come l’Organizzazione abbia modificato la scheda di assaggio eliminando il parametro della limpidezza, che oggi non rappresenta più un indicatore di qualità.
SOLARIS
Un’evoluzione che pone delle domande anche ai giornalisti, rappresentati da Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del Bere, storica rivista di settore, che ha sottolineato come la parola tecnologia derivi dal greco Teknè, ovvero arte, saper fare, ed è quindi un vocabolo importante e prezioso. Nella divulgazione, fondamentale è distinguere informazione da comunicazione. L’informazione ha il dovere di trasmettere la conoscenza dando strumenti ai lettori per capire mentre la comunicazione ha il ruolo di costruire un ponte, un legame, con il proprio pubblico.
Quest’ultima è importante soprattutto per il consumatore che è interessato all’aspetto edonistico del vino ma non necessariamente a conoscere fino in fondo cosa sta dietro la bottiglia. Per lui i social media sono lo strumento principale di contatto con l’azienda. L’informazione, invece, fornita dalla stampa specializzata risponde alle esigenze degli appassionati, che desiderano conoscere cosa sta dietro il calice e che sono interessati anche agli aspetti scientifici e tecnici. La sfida per il futuro sarà ridurre questa dicotomia per fare in modo che la scienza e la tecnologia intesa come progresso divengano un valore per ogni consumatore attento.