Frédéric Lornet, nel solco della tradizione giurassiana

Ubicato nella sezione orientale della Franche-Comté, lo Jura è la regione vinicola d’oltralpe meno estesa con i suoi soli 2.080 ettari di vigneto (noto anche come Revermont o Bon-Pays) che si snoda tra boschi e piccoli borghi medievali in un territorio sano e vitale, in cui l’uomo e la natura hanno saputo conservare un gioioso equilibrio rurale. Nonostante l’esigua dimensione, si tratta di un territorio atipico per la mirabile biodiversità morfologica di suoli e sottosuoli che hanno da sempre favorito una viticoltura di qualità, la cui reputazione è testimoniata già nel I secolo d.C. dal letterato romano Plinio il Giovane.

Percorrendo da nord a sud la stretta fascia vitata dei soleggiati pendii che digradano dagli altopiani del Massiccio del Giura ad altitudini comprese tra 250 e 400 metri s.l.m., troviamo dapprima la macroarea di Arbois, caratterizzata da marne e pesanti argille gessose su cui i vitigni a bacca bianca trovano un habitat formidabile. La più estesa zona centrale si connota per una maggiore disomogeneità con alternanza di marne dalle svariate colorazioni (grigie, blu e nere) e superfici argillose ricchissime di silicio. Il settore meridionale è invece ricoperto da caldi terreni rocciosi, la cui composizione di calcare misto a marne e argille avvantaggia l’allevamento di varietà a bacca scura.

Il rigido clima semi-continentale impone condizioni difficili alle viti, ma i vitigni autoctoni si sono adattati magnificamente al predominante sottosuolo marnoso: i rossi Poulsard e Trousseau si differenziano per lo straordinario contrasto di colore e contenuto tannico (leggero e affumicato il primo, robusto e speziato il secondo), mentre il nobile bianco Savagnin – indiscusso fiore all’occhiello della regione – con la sua caleidoscopica cornice aromatica scolpisce etichette dall’inconfondibile sapidità minerale.

Non a caso è il grande protagonista dei celebri Vins Jaune, dove le migliori uve vengono affinate sei anni e tre mesi in botti di rovere senza rabbocchi per agevolarne la peculiare ossidazione, e dei dolci Vins de Paille, ottenuti da grappoli raccolti a maturazione e fatti appassire su letti di paglia per almeno tre mesi. L’affinità del terroir con quello ancor più pregiato della confinante Borgogna ha favorito nel dopoguerra la diffusione anche di Chardonnay e Pinot Noir, qui vinificati sia in purezza sia in assemblaggio con Savagnin e Trousseau.

Nonostante la loro forte identità e finezza espressiva, le AOC dello Jura sono state per lungo tempo appannaggio di un esiguo manipolo di appassionati. Grazie al paziente e orgoglioso lavoro delle nuove generazioni di viticoltori, negli ultimi anni hanno conosciuto un crescente successo di pubblico e di critica, diventando addirittura un punto di riferimento nel mondo del vino naturale. Molti giovani vignerons della cosiddetta gènèration vert hanno scelto di aderire al biologico, arrivando in alcuni casi a vinificare senza il minimo uso di anidride solforosa, mentre altri hanno preferito attualizzare il classico stile giurassiano con tecniche innovative di allevamento e vinificazione.

Frédéric Lornet

Forte degli insegnamenti di nonno Eugène e papà Roger, pioniere della selezione massale dei vitigni autoctoni, Frédéric Lornet è oggi uno dei più rappresentativi esponenti di quest’ultima scuola di pensiero. La sua tenuta di Montigny-lès-Arsures annovera venti ettari nell’immediato circondario, dove risiede la suggestiva abbazia cistercense Mont Sainte-Marie che ospita la storica cantina di famiglia, con le cui uve appronta ogni anno ben 19 etichette delle denominazioni Arbois e Côtes du Jura, oltre a un intrigante Vin de Paille e tre briosi Crémants du Jura (non lasciatevi scappare la ricca e croccante versione millesimata Brut Vieilles Vignes).

In vigna tutte le attività vengono effettuate meccanicamente dall’affiatata squadra aziendale che pone meticolosa attenzione alla delicata fase di potatura degli impianti, mentre in cantina le fermentazioni avvengono in appositi tini che assicurano il costante controllo delle temperature. Le grandi botti di rovere per il successivo affinamento sono rigorosamente selezionate dallo stesso Frédéric, esperto barilaio, con il preciso intento di preservare i tratti distintivi di ogni vitigno e di ogni terroir. I vini risultano così puliti e scorrevoli, in fulgido equilibrio tra freschezza e complessità sia all’esame olfattivo che a quello gustativo.

Nella corposa batteria dei bianchi ci hanno colpito l’agile passo fruttato dell’Arbois Chardonnay e la floreale mineralità dell’Arbois Naturé, un vino ampio e verticale ottenuto da vinificazione in purezza di uve Savagnin con la tecnica del rabbocco (ouillage régulier). Il vertice qualitativo è raggiunto dalla sontuosa Cuvée Signée Roger Blanc, omaggio al padre, in cui i migliori grappoli della medesima varietà locale regalano intensi profumi di frutta secca mescolati a sentori di spezie dolci ed erbe aromatiche su una struttura densa e opulenta.

L’Arbois Ploussard stupisce per i dolci sentori di cannella e chiodi di garofano che abbelliscono le tipiche note primarie di frutta rossa, mentre l’Arbois Trousseau palesa la proverbiale potenza del vitigno nelle calde tonalità terrose e nel fiero sorso salino, sostenuto da tannini godibili e intarsiato da richiami balsamici. La selezione Arbois Trousseau des Dames esibisce invece un sorprendente quadro aromatico in cui il cospicuo e completo cestino di frutti di bosco si fonde con sentori di cuoio, selvaggina, spezie e corteccia.

Tannini dritti e decisi affrancano la vivacità del fuoriclasse della gamma, l’imponente Cuvée Signée Roger Blanc, dove delicati profumi di piccoli frutti di bosco e noce moscata virano man mano verso nuances floreali e di sottobosco, in perfetta armonia con la beva accattivante e voluttuosa.

Chiudiamo in bellezza la degustazione assaggiando le due perle enologiche della cantina: l’Arbois Vin Jaune e il Côtes du Jura Vin Jaune. Ambedue imbottigliati nella tradizionale clavelin panciuta da 62 cl. che simboleggia il volume residuo di un litro di vino dopo il lungo affinamento in botte sans ouillage, grazie a questo metodo unico magnificano le straordinarie potenzialità del Savagnin, pronto a sfoderare intensi tripudi di noce, mela cotogna, pane tostato, miele, caramello e curry su una sensuale trama dorata.

La nostra preferenza va al secondo, realizzato con uve provenienti da un vigneto (en Chamoz) impiantato negli anni Settanta sui pendii del grazioso villaggio termale di Salins-les-Bains, per il sorso fine e setoso che rispecchia appieno il tratto originale e cristallino del produttore. Una nota di merito finale va alla ragionevolezza dei prezzi di vendita, decisamente tra i più competitivi dell’attuale panorama enologico giurassiano.

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