Bruno Paillard, il fascino discreto del Blanc de Noirs

Bruno Paillard nasce a Reims nel 1953 in una famiglia di viticoltori che opera nel meraviglioso territorio della Montagne de Reims fin dal lontano 1704. Nonostante la vendita dei vigneti da parte del nonno nel difficile periodo del dopoguerra, i suoi genitori creano una società di intermediazione tra coltivatori indipendenti e grandi maison alla ricerca dei migliori grappoli disponibili sul mercato.

Cresciuto in questo ambiente dinamico e stimolante, il sogno del giovane Bruno è fin da subito la creazione di un proprio assemblaggio, innovativo e senza compromessi, improntato alla sublimazione di purezza e mineralità delle uve meticolosamente da lui selezionate. Non essendo né un viticoltore né un ricco rampollo, a 27 anni vende la sua auto e raccoglie i 15.000 euro necessari per iniziare questa spericolata avventura in un mondo conservatore, dove i grandi marchi si fregiano di blasoni secolari.

ALICE E BRUNO PAILLARD

La sua prima etichetta matura per oltre quattro anni nella primordiale cantina e quando viene lanciata sul mercato nel 1985 innesca una vera e propria rivoluzione, complice l’audace e felice intuizione di indicare sul retro-etichetta la data di dégorgement, ovvero il mese di sboccatura in cui la bottiglia viene liberata dai lieviti, che ha fatto storia nell’ambiente diventando una consuetudine per la maggior parte dei produttori. Non solo, i bassi dosaggi imprimono ai vini un passo elegante e impulsivo che ricorda da vicino lo stile schietto ma raffinato del loro autore.

Altri due fattori che divengono distintivi negli anni successivi sono l’utilizzo di un’elevata percentuale di vini di riserva con chirurgiche operazioni di assemblaggio e la singolare sagoma delle bottiglie, ispirata ai tradizionali fiaschi del Settecento e dell’Ottocento.

La maison Paillard possiede oggi 89 parcelle, quasi metà delle quali Grand Cru, in 32 ettari di vigne coltivate a Chardonnay (36%), Pinot Noir (35%) e Pinot Meunier (29%). Le uve sono coltivate con metodologie agricole di precisione, senza utilizzo di diserbanti e sostanze chimiche, su terreni lavorati con aratro proprio per esaltare la mineralità degli acini. Dopo la rigorosa vendemmia manuale, vengono pressate nella modernissima cantina in legno, vetro e acciaio alla periferia meridionale di Reims e soltanto il mosto fiore, figlio della prima pressatura, viene poi affinato sui lieviti per scolpire le otto etichette aziendali.

L’ultima nata del mirabile portafoglio, la Blanc de Noirs Grand Cru, è stata oggetto di recente presentazione al Caffè Cracco di Milano da parte della figlia Alice Paillard, preparata enologa e squisita intrattenitrice, che affianca Bruno da oltre un decennio nella conduzione della tenuta. Si tratta di un multi-millesimato che si prefigge l’ambizioso obiettivo di magnificare la profondità del Pinot Noir allevato sui suoli gessosi delle migliori parcelle Grand Cru ubicate nei comuni settentrionali di Verzenay, Mailly, Verzy e Bouzy.

La prima versione può contare soltanto sulle tre annate 2015, 2016 e 2018, dove quest’ultima gioca la parte del leone. Vinificata principalmente in vasche di acciaio, con un piccolo passaggio in barriques usate per la fermentazione (da 15% a 20% a seconda della qualità di ogni singola vendemmia), ha maturato sui lieviti per tre anni e, dopo la data di sboccatura riportata nel retro-etichetta, è stata lasciata riposare altri sei mesi in cantina.

Extra-Brut con residuo zuccherino finale di tre grammi per litro, si presenta nel calice con un seducente abito oro brillante dai riflessi ramati e dal perlage fine e vivace. Al naso emergono subito delicati profumi floreali di rosa rossa e gelsomino, ai quali si affiancano dapprima setosi sentori fruttati di ciliegia e pompelmo rosa, poi intriganti note speziate e balsamiche di zafferano e cardamomo.

L’attacco in bocca, fresco e salino, cede man mano il passo a un sorso cesellato e avvolgente, dove spiccano complessi sapori di frutta rossa in gelatina, mandarino cinese e mela cotogna su una trama minerale e leggermente ammandorlata. La lunga persistenza finale, pervasa di agrumata sapidità, ne attesta la formidabile vocazione gastronomica. Ricercata ed elegante, ma al contempo decisa e verticale, la nuova cuvée preconizza evoluzioni future sorprendenti e luminose.

Photo credits: Kata Balogh

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