L’anno che verrà? Prima guardiamo al passato

Cosa aspettarsi dall’anno che verrà? Chi vivrà vedrà, lo scopriremo solo vivendo. Fermiamoci qui fra adagi e citazioni musicali, per concentrarci su…Su cosa? Ivan, anima milanese e pragmatica di oscarwine, mi ha chiesto di concludere il 2021 con il classico editoriale di fine anno.

Accantoniamo per questa volta i buoni propositi – del mondo del vino – e fermiamoci a un bilancio. Che anno è stato? Più che di 12, dovremmo scrivere di 21 mesi, quelli trascorsi dall’inizio della pandemia. Il primo marzo del 2020 l’orologio del pianeta vino ha iniziato a scorrere più lento e il lockdown, l’Italia a colori delle zone e le restrizioni per fermare i contagi – dolorose ma necessarie – hanno tolto ossigeno al settore.

Prendiamo il bicchiere e mettiamolo in controluce. Da un certo punto di vista, il calice è mezzo pieno: la pandemia ha dato una scossa al settore a livello digitale, proiettando molte realtà da una condizione medioevale di organizzazione vendite e comunicazione (social inesistenti, e-commerce lontano anni luce dall’essere immaginato e siti da preistoria del web) ai giorni nostri in men che non si dica. Ovviamente non è stato un passaggio indolore e inesperienza, qualche sufficienza nello sviluppare nuove piattaforme e la mancanza di abitudine ai nuovi mezzi si sono fatti sentire. Nonostante tutto, l’ammodernamento ha rafforzato la presenza delle cantine nel nuovo mondo digitale, aumentando la scelta per i consumatori e, ovviamente, l’apertura delle aziende non solo verso nuovi mercati ma anche verso i consumatori che prima non avevano accesso ai loro prodotti. Benvenuti nel terzo millennio.

Chi era già strutturato con un sistema di piattaforme moderno e integrato ha potuto utilizzare subito il canale delle vendite online e spingere sull’acceleratore della comunicazione. Come? Con degustazioni on line, tavole rotonde e visite guidate da remoto in cantina. Ovvio che le vendite di vino sui canali digitali non abbiano potuto reggere il colpo dei mancati incassi dalla chiusura forzata del canale Ho.Re.Ca. ma, tra le altre cose, hanno permesso a queste cantine di fidelizzare maggiormente la propria clientela.

Chi ha evitato che molte aziende chiudessero i battenti per la crisi è stata la GDO. Da molte realtà sono arrivati numeri che hanno dato speranza anche in piena pandemia, ma parliamo solo di una parte del settore. C’è stato, poi, chi, dopo le riaperture, ha puntato su piani strategici di vendite, canvas vantaggiosi oppure agevolando i piccoli acquisti con pagamento in anticipo o alla consegna: non ti carichi di bottiglie, prendi quello che consumi in breve tempo e, terminato il prodotto, riordini.

Gli aspetti sono stati tanti e ne abbiamo elencati solo alcuni. Le difficoltà non sono mancate e la capacità di reazione delle cantine è stata encomiabile.

C’è anche un bicchiere mezzo vuoto, ovviamente: quello dei ristoratori in difficoltà, degli agenti di commercio rimasti fermi, di tanti protagonisti della filiera che si sono trovati in crisi economica o, peggio, senza lavoro. Questa metà possiamo riempirla noi consumatori, frequentando i locali – nel rispetto delle regole per contrastare la pandemia – acquistando vino nelle enoteche, partecipando a eventi e degustazioni.

Rimanendo nel tema della digitalizzazione, un grande imprenditore del settore informatico a questo punto direbbe “one more thing”. In realtà di cose da aggiungere ce ne sarebbero tante, ma per queste vi rimandiamo sulle nostre pagine,  dove raccontiamo storie di vino, note e meno conosciute, ma tutte appassionanti e cariche di sentimento.

Non ci resta che brindare quindi, ognuno con il vino che preferisce, ricordando che noi di oscarwine per il cenone del 31 dicembre vi consigliamo un solo abbinamento, quello del cuore. State con le persone a cui tenete e auguri a tutti voi.

Alla salute!

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