Le mille (e più) bottiglie di Ciz

Come si fa a gestire una carta dei vini con oltre mille referenze, combinandola con una proposta gastronomica di livello? A questa e ad altre domande ha risposto a oscarwine Vincenzo “Ciz” Gautieri, sommelier e ristoratore che nel 2017 ha aperto a Milano, in Viale Premuda, Ciz Cantina e Cucina, locale di riferimento per gli appassionati di vino del capoluogo lombardo.

VINCENZO “CIZ” GAUTIERI E ANDREA SCONFIENZA

Raccontaci il tuo percorso personale e il tuo rapporto con il vino.
“Il primo contatto col vino risale all’adolescenza. I miei nonni materni avevano alcuni ettari di vigna in alta Irpinia ma a dirla tutta non è stata un’esperienza indimenticabile, anzi, era un vino che aveva le ore contate. L’approccio più serio è avvenuto successivamente, a circa 20 anni quando ho conosciuto mia moglie Francesca. Con lei abbiamo iniziato a girare per cantine e a partecipare a degustazioni, condividendo la passione per il buon vino. Nel 1993 ho fatto il mio primo corso di sommelier AIS a Milano, quando la sede era ancora in viale Certosa, e nel frattempo ho lavorato per diversi anni come project manager nel settore alberghiero. Nel 2013 ho aperto il mio primo locale, l’enoteca Wine Road in Viale Piave.”

Come e quando è nata l’idea di Ciz? Qual è la filosofia del locale?
“L’idea del locale è nata dopo aver chiuso la precedente esperienza con Wine Road. A quel punto volevo completare il mio percorso con un ristorante. Ero stanco di sentire i clienti che dopo aver consumato l’aperitivo da noi dicevano: “E ora dove andiamo a mangiare?”. Con Ciz si è cercato di strutturare una serie di percorsi dove le proposte gastronomiche (dello chef Andrea Sconfienza – ndr) potessero trovare diversi accompagnamenti con i tanti vini in carta, e viceversa.”

Come si scelgono più di 1000 etichette diverse? E come si propongono ai clienti?
“Per essere precisi, siamo partiti nel 2017 con 1.000 etichette ma oggi siamo arrivati a poco più di 1.650. La nostra filosofia è di proporre bottiglie che non siano facilmente reperibili attraverso i canali di largo consumo. Al ristorante, infatti, ognuno di noi ricerca ciò che a casa normalmente fatica a trovare, se si parla di un vino, o che sia più difficile replicare, quando ci si riferisce a un piatto. È questo principio base a guidarci quotidianamente nella nostre selezione. Vogliamo avere in carta particolarità, a partire dai produttori più piccoli e poco mainstream, che ci caratterizzino e distinguano. Quando un cliente mi chiede un consiglio, io sono solito fornire degli input, più che delle indicazioni dirette. Suggerimenti che non vanno obbligatoriamente nella direzione della denominazione o della tipologia territoriale eventualmente richiesta dall’avventore. Occorre essere bravi a comprendere e interpretare, in termini di servizio, il tipo di palato del cliente seduto al tavolo e da lì partire con una serie di proposte capaci di valorizzare anche le portate che accompagneranno la sua esperienza gastronomica da noi.”

Un personaggio e un aneddoto legati al vino che meritano di essere raccontati.
“Di personaggi che meritano me ne vengono in mente davvero tanti ma a nominarne uno si farebbe un torto agli altri. Voglio raccontare un aneddoto successo circa 20 anni fa in Borgogna quando entrai con amici in una cantina (Domaine Chicotot) e ci accolse il proprietario, di un’antipatia imbarazzante. Mentre lui versava il vino nei calici io ebbi la pessima idea di chiedere quanto costassero le sue bottiglie. A quel punto smise di versare, mi guardò e mi disse: “Questi vini sono eccezionali e il tuo ultimo problema è il loro prezzo. Prima assaggia e poi ti dico.” Beh, è mancato veramente poco che ce ne andassimo all’istante. Alla fine restammo e purtroppo mi toccò ammettere che aveva ragione, il vino era talmente buono che, terminata la degustazione, riempimmo il baule dell’auto di bottiglie. Tra l’altro, oggi i suoi vini sono importati da una distribuzione italiana e sono presenti nella nostra carta.”

L’abbinamento cibo-vino più azzardato che hai mai proposto? Qual è stata la reazione dei clienti?
“Ce ne sono stati diversi nel tempo, ma ricordo in particolare un Riesling della Mosella 1999 abbinato con un agnello al forno. Nonostante l’azzardo, la reazione dei clienti è stata davvero positiva. Negli anni, l’approccio alla ristorazione e alla degustazione dei vini è cambiato: oggi soprattutto i giovani sono molto più aperti alle nuove proposte, anche quelle più fantasiose.”

La bottiglia più rara e particolare che hai lavorato?
“Sicuramente tutte le bottiglie di Barbera e Barolo di Pianpolvere Soprano ante 2000, prima che mancasse Ricccardo Fenocchio.”

A quale bottiglia non rinunceresti mai?
“A tante, troppe! Impossibile per me rispondere ad una domanda simile.”

Sul sito c’è scritto “Il bere trionferà sempre sul male”. Questo detto è ancora valido dopo l’anno del Covid?”
“Oggi vale ancora di più! È il nostro motore per la ripartenza.”

Come sta andando dopo la riapertura? Come vedi la situazione generale dei locali di Milano in prospettiva?
“Non avendo fatto nè delivery nè asporto per via del nostro menù che poco si presta a queste soluzioni, siamo stati chiusi molto, troppo tempo. Questo ha fatto sì che fin dai primi giorni di riapertura, l’attività sia andata benissimo: tanti non vedevano l’ora di tornare da noi. Alcuni clienti mancano ancora all’appello ma è comprensibile, perché abbiamo una clientela eterogenea che va dai 18 agli oltre 80 anni e quindi le persone di una certa età hanno ancora qualche timore ad uscire per andare al ristorante. Credo che ci sarà una flessione fisiologica per tutti nei mesi estivi, come è normale che sia in una città come Milano, ma a partire da settembre, novità negative permettendo, si ripartirà con la solita energia.”

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