Sinosteria, la cucina cinese incontra i vini naturali

“Come la sinologia è lo studio delle culture cinesi, Sinosteria vuole essere un percorso di viaggio e di scoperta, la mia missione di diffondere e condividere cultura, non solo enogastronomica.” Con queste parole, Jun Ge, ristoratore cinese innamorato dell’Abruzzo, ci presenta il suo locale di Viale Marconi, a Roma, punto di riferimento per gli amanti della buona cucina e per gli appassionati dei vini naturali.

JUN GE

Partiamo dalla storia del locale…
“Il ristorante di famiglia è nato come Asian Inn nel 2012, un paio d’anni dopo ho iniziato ad affiancare i miei genitori nella gestione del locale. Leggendo storie e documenti legati alla gastronomia cinese mi sono appassionato all’argomento e ho iniziato a rivoluzionare il menu, cercando di costruire un percorso che permettesse ai clienti di avvicinarsi in modo diverso a questo tipo di cucina. Nel febbraio 2020 ho rilevato il ristorante insieme a mio cugino e abbiamo dato vita al nuovo progetto Sinosteria. Subito dopo è arrivato il lockdown che ci ha messo i bastoni tra le ruote: non ci siamo persi d’animo e ne abbiamo approfittato per studiare e farci una cultura su alcuni aspetti della ristorazione come, ad esempio, il caffè.”

Come mai proprio il caffè?
“Perchè il caffè, come il tè, è in realtà un infuso e quindi diventa un elemento fondamentale della proposta di un ristorante. Luca Di Lorenzo, che è stato uno dei soci della pasticceria Walter Musco (all’epoca Bompiani) mi fece assaggiare dei caffè filtro, che mi sono piaciuti subito. Ho scoperto un mondo molto diverso da quello che tutti conoscono, mi sono iscritto a una serie di corsi e mi sono diplomato alla Specialty Coffee Association. Il caffè filtro ha un’acidità moderata e permette di mantenere le memorie gustative a fine pasto, mentre il caffè espresso ha una componente amara predominante che tende a cancellarle. Non ha senso fare un percorso enogastronomico in un ristorante, spendendo anche parecchi soldi, e conservarne solo un vago ricordo, sovrastato dal sapore dell’espresso a fine pasto. Il caffè filtro, fatto ovviamente con materie prime di qualità e tostature leggere, ti consente di concludere con un gusto che si lega all’intero percorso. Mangiare al ristorante deve essere un’esperienza a 360 gradi: ci vogliono il giusto ambiente, la tranquillità, ma soprattutto bisogna mantenere quella energia e quella piacevolezza fino al giorno dopo e avere la voglia di ritornare. Questa è l’enogastronomia che si dovrebbe offrire al cliente.”

Parliamo del tuo rapporto con il vino.
“Un cliente aveva espresso dei dubbi sull’abbinabilità del vino italiano con la cucina cinese, mentre io sono sempre stato convinto del contrario, perché tutte le cucine, a prescindere dal territorio di origine, si abbinano sempre con qualche bevanda, che sia un vino, una bibita o un infuso come il tè. Credo sia solo una questione di studio e di ricerca. All’epoca non avevo le conoscenze necessarie, anche perché da astemio non ero abituato a bere vino. La curiosità di approfondire l’argomento mi spinse ad iscrivermi al corso della Fondazione Italiana Sommelier e poco tempo dopo conobbi Daniele Cernilli, l’autore di “Memorie di un assaggiatore di vino”, un libro che mi aveva affascinato tantissimo e mi aveva fatto appassionare al mondo del vino. Mi invitò in ONAV dove lui era docente e così iniziai a frequentare i due corsi in contemporanea: mi divertivo, studiando e acquisendo un punto di vista diverso sul vino. Iniziai a cambiare la carta dei vini del locale, inserendo etichette particolari, cercando sempre l’abbinabilità e scoprendo vitigni e denominazioni inconsuete.”

Come ti sei avvicinato ai vini naturali?
“Durante una cena al mio ristorante, chiesi a Cernilli di suggerirmi un abbinamento con un piatto che stava assaggiando e lui mi consigliò un Cannonau; così iniziai una ricerca e provai diverse etichette senza trovare quella giusta. Proprio in quei giorni, uscì la Guida essenziale ai vini d’Italia, che aveva eletto Tenute Dettori come azienda dell’anno. Incuriosito, contattai il distributore, mi feci mandare una prima partita di vini e trovai una sintonia immediata tra i loro bianchi e rossi con i miei piatti, tanto che nel giro di un mese vendetti tutte le bottiglie. I clienti più esperti iniziarono a commentare questi prodotti, parlandomi di vino naturale. Non sapevo bene quali fossero le differenze con il vino cosiddetto tradizionale, così per capire meglio chiesi al distributore di mettermi in assaggio qualche altra bottiglia di aziende che lavoravano nello stesso modo. Ricordo ancora il Trebbiolo di La Stoppa, perché era un vino particolare, molto profumto: sapeva di tutto. Ripensandoci adesso avrei dovuto avere la pazienza di aspettare e l’umiltà di capire, ma all’epoca non riuscivo proprio a berlo.”


Quali sono state le figure più importanti nella tua formazione?

“Ho ricevuto grandi insegnamenti su come lavorare in maniera professionale e come servire il vino da Francesca Romana Costalunga, un’agente che mi portò per la prima volta a VinNatur, dove assaggiai vini con un’acetica e una volatile molto importanti, che in quel momento non sentivo miei. Iniziai a chiedermi se non fosse sbagliato il mio approccio verso questo tipo di vinificazione, visto che sembrava piacere a così tante persone. Per comprendere meglio, entrai in contatto con Sandro Sangiorgi di Porthos Racconta e mi iscrissi ad un suo corso, che guarda caso si chiamava proprio “Matrimonio cibo-vino”. I piatti di quel corso erano preparati da Franco Franciosi, chef di Osteria Mammaròssa di Avezzano, che con il tempo è diventato un mio fratello acquisito. Sandro era una calamita, una persona fantastica che mi ha dato gli strumenti giusti per poter comprendere questo mondo. Mi fece capire che l’abbinamento non è dato solo dalla bontà del vino, che deve dare attrazione e vibrazioni, ma deve stare bene con l’intero pasto. Il vino deve essere armonico e piacevole ma soprattutto deve essere gustato nel momento giusto. Al ristorante non si può aspettare che si apra ed esprima il massimo del suo potenziale: la cucina cinese è molto espressa e l’abbinamento deve tenere conto anche del tempo. “

La carta dei vini di Sinosteria ha una forte impronta abruzzese.
“Attualmente ho 150 vini in carta e 200 fuori carta, tutti scelti in base all’abbinamento con la mia cucina. Non sono alla ricerca dei vini “buoni” a tutti i costi, ma preferisco la coerenza. I vini arrivano principalmente dall’estero, dall’Abruzzo e poi dal resto dell’Italia. Nel mio percorso nel mondo del vino ho frequentato per vie diverse talmente tanto l’Abruzzo che lo considero la mia seconda casa. Ho incontrato tante persone, Franco Franciosi di cui parlavo prima, produttori di vino, amici dei tempi dell’università e altre figure importanti nella mia vita personale che mi hanno fatto conoscere il territorio, la gastronomia, la cultura, la storia di questa regione. La terra abruzzese è umile e genuina, è un territorio molto complesso e anche molto generoso, perché è riuscito nel tempo a ospitare e integrare ingredienti e colture provenienti da diverse parti del mondo: pensiamo allo zafferano che è di originale iraniana, le lenticchie, la cannella, la paprika. Tutti prodotti non autoctoni, ma l’Abruzzo e gli abruzzesi ne hanno saputo esaltare le qualità a livello internazionale. Non dico che sia meglio di altri posti, ma ho ancora talmente tante cose da scoprire su questa terra che solo quando avrò finito di conoscerne ogni metro quadrato potrò cominciare a pensare anche alle altre regioni.”

Le tue cantine del cuore.
“Sono tre aziende che ho incontrato in fasi diverse del mio percorso nel mondo dei vini naturali, anche se personalmente preferisco definirli “di carattere”. Sicuramente la prima è Tenute Dettori, cantina sarda che produce i vini che mi hanno fatto avvicinare a questo mondo, molto diverso da quello convenzionale. Poi ovviamente una cantina abruzzese, Praesidium, che ho conosciuto anche personalmente (come un buon 70% delle aziende che ho in carta) e con cui ho un rapporto molto stretto, tanto che ho inserito anche il loro mosto cotto nella mia cucina. Infine Tanca Nica, azienda di Pantelleria gestita da Francesco Ferreri, giovane produttore che lavora in maniera coerente, scientifica e moderna: mi piace molto il suo modo custodire la tradizione del territorio. Nel mio pensiero, Dettori rappresenta la storia e la formazione, Praesidium è attuale con il suo approccio fatto di accoglienza, tradizione e umiltà, mentre Tanca Nica è il futuro, l’esempio che tutti quelli che si avvicinano al mondo dei vini naturali dovrebbero seguire.”

Secondo te che rapporto ha la clientela oggi con il vino?
“Il consumo del vino cambia, così come i consumatori. In passato c’è stata poca attenzione e spesso una mala gestione della carta dei vini da parte dei ristoratori. Oggi per fortuna ci sono tanti locali che iniziano a curare meglio la carta, tante enoteche che promuovono la cultura del vino: grazie al loro impegno le cose stanno cambiando. Informare, creare curiosità e fiducia tra consumatore e ristoratore è importante perché non tutti hanno il tempo di farsi una cultura sull’argomento. Non potendo studiare, bisogna per forza affidarsi all’etica e alla professionalità degli operatori del settore. Nel mio ristorante otto tavoli su dieci consumano vino e gli altri due bevono tè: significa che i miei sforzi non sono stati vani. Se cresce la richiesta di vino di qualità, anche i produttori si devono adeguare. L’offerta deve seguire la domanda e non viceversa. Purtroppo il prezzo elevato di molte etichette rimane ancora l’elemento frenante dell’avvicinamento dei consumatori a questo mondo.”

C’è qualche novità a cui stai lavorando?
“Mi fai la domanda nel momento giusto. Con lo chef Franco Franciosi stiamo studiando la formulazione di un nuovo locale a Roma, basato sulla genuinità, su cibo e vino di qualità. Il nostro obiettivo è quello di offrire un servizio di livello cercando di contenere i prezzi o quantomeno di limitare gli aumenti: le persone hanno voglia di mangiare e bere bene, ma devono avere la possibilità di farlo. Il nuovo progetto dovrebbe partire verso la fine di quest’anno. Appena ci saranno novità, sarete i primi a saperlo.”

Non vediamo l’ora…

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