Storie di donne: Giordana Talamona

Il vino va raccontato nel modo giusto, soprattutto nell’era dei social e della comunicazione globale, quando diventa fondamentale trovare un linguaggio che possa raggiungere ed interessare una platea vasta ed eterogenea. Anche in questo settore, la presenza, sempre più corposa e importante, di voci femminili sta portando una ventata di novità. Oscarwine ne ha parlato con Giordana Talamona, giornalista e addetta stampa, che si occupa da anni di comunicazione enogastronomica, prestando la sua professionalità (oltre al suo olfatto e al suo gusto) a magazine, aziende del settore e scuole di formazione professionale.

Iniziamo dal primo ricordo legato al vino…
“I miei ricordi sono piuttosto recenti, perché (udite, udite!!) mi sono appassionata al mondo del vino solo in età adulta. A casa mia non si è mai sorseggiato vino, neppure ai pasti, quindi ho scoperto questa passione con mio marito Fabio, non più di vent’anni fa. Ricordo i primi viaggi assieme, ancora fidanzatini, in Alto Adige, le passeggiate in montagna, le visite ai castelli, poi una serata galeotta a Merano, dove assaggiammo il Gewürztraminer Kolbenhof di Hofstätter. E fu subito amore!” 

Il tuo vino del cuore?
“È difficile sceglierne uno solo, ma posso dirti di essere una bianchista. Adoro sfrenatamente tutte le espressioni autoctone italiane, dalla Passerina al Verdicchio, dall’Ansonica al Cortese, dalla Falanghina al Carricante. Se volete rendermi felice non mandatemi fiori, ma una bottiglia di vino!”.  

Sei giornalista e ti occupi di ufficio stampa. Come si coniugano le due attività?
“Oggi il ruolo del comunicatore è sempre più complesso e le figure sono spesso sfumate, per questo occorre avere un’etica del lavoro molto precisa, per evitare fraintendimenti. Questo significa mantenere separati i due ruoli che incarno nel lavoro, quello di giornalista e quello di addetta stampa. Ergo, come giornalista non parlo di un vino se non mi piace e non recensisco vini di clienti dei quali curo la comunicazione come addetta stampa. Sarebbe poco etico, imbroglierei il lettore”.

Di cosa ti stai occupando ultimamente?
“Ho organizzato delle degustazioni digital per una nuova azienda vinicola, ormai è la soluzione migliore in tempi di Covid. Ma ti confesso che mi manca il tintinnio dei calici dal vivo, come le strette di mano e gli abbracci. Sì, soprattutto gli abbracci”. 

Ci parli dell’esperienza con La La Wine?
“Si tratta di un bellissimo progetto giornalistico di video interviste, in onda il giovedì e il sabato alle 12.00 su Facebook, Instagram e YouTube, che prova a raccontare il vino e il cibo in maniera non convenzionale. Anche per questo amiamo contaminare gli argomenti per renderli più trasversali e non scontati, come abbiamo fatto con lo speciale dell’8 marzo sul rapporto tra “Sesso, vino, cibo e piacere femminile”, dove abbiamo intervistato una sessuologa. Tra le novità di questa edizione, la rubrica La La VIP, che raccoglie le passioni delle star per il vino e il cibo, come abbiamo fatto con l’attrice Debora Villa, e La La Tour, dove intervistiamo in lingua inglese ambasciatori del vino italiano all’estero, produttori stranieri, sommelier ed importatori.”

Trovi che il settore della comunicazione sia maschilista? Come donna hai mai incontrato difficoltà?
“Non particolarmente, ma non è tanto il settore a essere o meno maschilista, quanto l’Italia in generale. Basta vedere gli ultimi dati del Censis, che fotografano il Paese come ultimo per occupazione femminile. Siamo una nazione meravigliosa, ma medievale sotto molti aspetti, in primis per il genere femminile, che è costretto a “farsi il mazzo” per guadagnare meno degli uomini, che deve lottare (e pure ringraziare) per ciò che dovrebbe spettare di diritto. L’Italia, spiace dirlo perché amo visceralmente questo Paese, non è fatta per le donne”.

C’è una donna nel tuo ambito che è stata per te fonte di ispirazione?
“Sì, è una collega e un’amica, Sissi Baratella, giovane enologa e grande comunicatrice del vino. È una donna che sa parlare di vino in modo trasversale, che mixa splendidamente tecnica e linguaggio popolare. Quando devo parlare di un vino, quando lo devo raccontare in modo chiaro, spesso penso a come farebbe lei”.

Se potessi comunicare una grande donna della storia che reputi sia stata poco considerata, chi sceglieresti?
“Racconterei la storia poco nota di Bernarda Visconti, una figura affascinante che rappresenta una sorta di Anastasia Romanov ante litteram. Bernarda, figlia prediletta di Bernabò Visconti, crudele Signore di Milano, fu murata viva a Porta Nuova per tradimento. La sua colpa era di essersi innamorata di un altro uomo. Ebbene, dopo la sua morte avvenuta nel 1376, Bernarda, o qualcuno che le somigliava molto, fu vista a Bologna. Poi a Dalmine, riconosciuta addirittura dal marito. Era lei? Forse. O forse no. Pochi anni dopo questa misteriosa donna, davanti a un notaio e (pare) riconosciuta da testimoni, ottenne la liquidazione della sua dote, ben 8000 fiorini, scomparendo con il denaro subito dopo. Che fosse lei oppure no la fantomatica figlia dei Visconti, credo che in qualche modo giustizia fu fatta”.  

Una battaglia femminile da seguire come comunicatrice?
“Sogno da anni di lavorare per un centro antiviolenza a favore delle donne, per creare dei progetti di comunicazione da portare nelle scuole. Occorre educare fin dalla più tenere età alla non violenza, all’accettazione dell’altro, al saper accettare un “NO” da parte di una donna (anzi da parte di un altro essere umano), senza sentirla come una proprietà privata. Ritengo che quando un uomo vuole per sé una donna al punto di toglierle la vita significa che è mancata un’educazione ai sentimenti, alla comprensione di sé stessi e degli altri, al rispetto per la vita umana”.

Il prossimo obiettivo da realizzare?
“Uscire indenni dal Covid sarebbe già un successo. E non ne faccio una mera questione di emergenza sanitaria, ma psicologica. Questo virus ci lascerà la paura dell’altro, di un abbraccio, il terrore dei baci schioccati sulle guance. Ecco, il mio prossimo obiettivo è quello di lavorare sulla paura, che inevitabilmente mi rimarrà, di ritornare un giorno ad un abbraccio sereno”.

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