Sulle strade del Tour: ultima settimana verso Parigi

I Pirenei al centro del Tour, Parigi si avvicina ma le difficoltà non accennano a diminuire e la lotta per le prime posizioni è sempre caldissima. Jonas Vingegaard sempre in maglia gialla e su di lui incombe l’ombra del suo rivale, Tadej Pogačar, secondo in classifica. Roman Bardet affonda ed esce di classifica. Per salire sul podio a Parigi, sono in lizza Gerain Thomas, Nairo Quintana, David Gaudu, Adam Yates (compagno di squadra di Thomas, presumibile lavori per lui) Louis Meintjes e adesso è risalito in classifica anche Alexandr Vlasov: tutti nello spazio di tre minuti e mezzo. È davvero un bel Tour, incerto e avvincente.

FABIO ARU

Soltanto 130 chilometri (e vedremo come!) per la tappa di oggi, da Saint Gaudens a Peyragudes. I GPM pirenaici sono quattro: Col d’Aspin, Hourquette d’Ancizan, il Val Louron e l’arrivo a Peyragudes (8 chilometri con una pendenza media del 7,8%) stazione turistica nel Dipartimento degli Alti Pirenei. Peyragudes è arrivo di tappa per la terza volta, l’ultima nel 2017 ed è un bellissimo ricordo per noi italiani: vinse il francese Romain Bardet e Fabio Aru strappò la maglia gialla a Christoper Froome. Altro concentrato di emozioni domani, da Lourdes a Hautacam, altra località felice per i colori azzurri: quassù nel 2014 Vincenzo Nibali, già in maglia gialla, fece capire a tutti i suoi avversari che nessuno avrebbe potuto mettere in discussione la vittoria finale. Hautacam è l’ultimo arrivo in salita. Anche qui non molti chilometri (143,5), con inizio in pianura per rompere il fiato e scaldare i muscoli, poi tre salite una dopo l’altra: Col d’Aubisque, Col de Spandelles, quindi i 13,6 km al 7,8% di pendenza media di Hautacam.

Venerdì 22 e sabato 23 si penserà più che altro ad arrivare a Parigi. Di forze ne sono rimaste poche. Venerdì 22 da Castelnau Magnoac a Cahors dovrebbe essere un’occasione per i velocisti sopravvissuti ad Alpi e Pirenei. Castelnau Magnoac è un paesino di 800 abitanti che ospita il Tour per la prima volta. Cahors (19950 abitanti) è sede di tappa per la terza volta. Più incerta la penultima tappa di sabato: cronometro individuale di 40,7 km da Lacapelle Marival a Rocamadour. Incerta se sarà ancora aperta la lotta per la maglia gialla tra i primi della classifica generale. Il nostro grande favorito è Filippo Ganna: speriamo che un successo gli faccia dimenticare la delusione di non aver vinto la cronometro iniziale a Copenhagen. Il Tour offre l’occasione per scoprire due piccoli paesi che lo ospitano per la prima volta: Lacapelle Marival (1375 abitanti) Rocamadour (640). Infine, domenica 24 luglio, 21ª e ultima tappa tutta nella capitale: raduno e partenza alla Defense Arena; arrivo agli Champs Élysées, uno scenario che è stato scelto per la prima volta nel 1975 e si ripeterà per la 48ª volta. Qui vinse Daniele Bennati nel 2007.

Veniamo adesso ai territori attraversati dal Tour e i loro vini.

IL TERRITORIO

Il territorio convenzionalmente definito Sud-Ovest comprende l’intero vigneto dell’Aquitania, con esclusione dell’enclave bordolese. Dal Massiccio Centrale alla Dordogna, dall’Aveyron alle colline della Guascogna e più a sud da Tolosa fino ai Pirenei, la superficie vitata si estende su ben dodici dipartimenti e annovera cinque aree vinicole, di cui due attraversate quest’anno dai ciclisti del Tour. Nell’estremo lembo meridionale, a ridosso dei confinanti Paesi Baschi troviamo la pedemontana superficie vitata dei Pyrénées che si connota per i suoi celebri vitigni autoctoni: petit manseng e gros manseng, anche in versione passita da muffa nobile, sul versante dei bianchi; tannat e fer, detti anche ‘vini viola’ per il loro intenso colore, su quello dei rossi.

Spostandoci a nord-est entriamo nel territorio di Cahors, regno incontrastato della possente uva malbec, tornata di recente in auge grazie alle formidabili condizioni climatiche che ha trovato sulle Ande argentine. Il clima oceanico, mite e umido grazie alle influenze mediterranee e alle correnti montane provenienti sia dal Massiccio Centrale che dai Pirenei, e la perfetta insolazione sono i due denominatori comuni di cui beneficia l’intera regione. L’eterogeneità dei paesaggi attesta di contro una forte diversità nella composizione dei terreni, annoverando terreni sabbioso-calcarei a ridosso dei Pirenei e una superficie prevalentemente argillosa nella vallata del Lot.

I VINI

Irouléguy Blanc “Hegoxuri” 2018 – Domaine Arretxea (Irouléguy)
La denominazione Irouleguy si colloca nei Paesi Baschi francesi ed è pertanto l’area vitata più vicino all’Atlantico dell’intero comprensorio del Sud-Ovest. I vigneti sono peraltro abbarbicati su colline che possono raggiungere gli 800 metri di altitudine (Pic de Jara) e l’elevata altitudine conferisce a ogni etichetta una vivace e accattivante nota affumicata. Non sfugge alla regola questa cuvée della famiglia Riouspeyrous che dimostra come le tre uve bianche autoctone assemblate si completano miscelando armoniosamente l’acidità del gros manseng, la morbidezza del petit Manseng e la potenza del corbu. Se la veste paglierina si palesa tenue e poco luminosa, la fragranza al naso è complessa e vigorosa con nitidi sentori di fiori bianchi, lime e kiwi che si avvicendano a note ferrose e ricordi di erba appena falciata. Sostenuto da una fresca tensione acidula che bilancia la componente alcolica, il sorso denso e sapido apporta polposi sapori fruttati di mela renetta e prugna goccia d’oro, per poi chiudere in bellezza con una secca pennellata di mandorla bianca.

Capace di reggere il confronto anche piatti di pollame nobile, l’abbinamento d’elezione è senza dubbio rappresentato da crudités, carpacci di pesce e insalate di mare. Il mio cuore torna con nostalgia all’indimenticabile “passatina di ceci e gamberi” di Fulvio Pierangelini, nella quale i carnosi crostacei venivano cotti al vapore e conditi con olio, pepe, sale e succo di limone, quindi adagiati sulla schiumosa tela bianca ottenuta dall’emulsione dei ceci bolliti in acqua minerale, dopo ore di ammollo, con un sacchetto di garza contenente aglio, timo e rosmarino.

Cahors Rouge Au Cerisier – Château Combel-la-Serre (Saint-Vincent-Rive-d’Olt)
I vigneti di Cahors si snodano lungo la riva sinistra del Lot su assolate terrazze dal suolo argillo-calcareo che plasmano un paesaggio rigoglioso e pittoresco. Questi pendii alluvionali costellati da ghiaia, ciottoli, sabbia e quarzo rappresentano l’habitat ideale per l’allevamento del malbec, un varietà dalla mole irruente e sanguigna ma mitigata dalla finezza dei profumi e dall’eleganza dei tannini. Il caratteristico colore scuro e impenetrabile, quasi nero, introduce aromi di ribes e ciliegia, a cui fanno eco profumi di violetta e di erbe aromatiche su una tela terrosa e tartufata. La leggerezza rinfrescante dell’assaggio rivela un passo agile e snello che appaga il palato con morbidi e persistenti sentori di susina e liquirizia.

L’indole fruttata lo rende estremamente versatile a tavola, dove può esprimere al meglio la sua beva rotonda e setosa con tutte le ricette a base di carne. Mi rituffo nel passato e ci abbino il “rognone di vitello cotto nel suo grasso con mostarda di pere”, un piatto storico di Luisa Valazza che ha incantato intere generazioni di gourmet per la prodigiosa tenerezza della rosea carne e l’azzeccato connubio con la dolce salsa speziata che ne enfatizzava il sapore delicato e il profumo pungente.

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