Côte Chalonnaise, grandi etichette a portata di tutti

L’area vitivinicola della Côte Chalonnaise si dipana per circa quarantacinque chilometri quadrati all’estremità occidentale dell’ampia valle della Saona, su un’altura collinosa che domina la cittadina medievale di Chalon-sur-Sâone. Come il sottostante Mâconnais fa parte del dipartimento della Sâone-et-Loire e confina a settentrione con la leggendaria Côte d’Or, con la quale condivide le vocate peculiarità geologiche, ereditate dalla disgregazione di una faglia di parecchi strati di rocce sedimentarie risalenti al periodo giurassico durante i grandi movimenti tettonici che hanno originato le Alpi.

GIVRY

Ne è derivato un basamento calcareo comune in cui si alternano sabbia, argilla selciosa e marne con un poliedrico avvicendamento di differenti terroirs che consente a ogni singola parcella di generare un vino dall’impronta stilistica unica e inimitabile. In generale i vitigni bianchi trovano le migliori condizioni di allevamento sui terreni argillo-calcarei dei rilievi pedemontani, mentre i rossi prediligono quelli meno argillosi delle basse colline, caratteristiche equamente presenti nel territorio in questione dove la produzione di Chardonnay e Aligoté supera di misura quella del Pinot Noir.

La Côte Chalonnaise annovera cinque denominazioni comunali – Bouzeron, Givry, Mercurey, Montagny e Rully – per le quali, come avviene nel resto della regione, il legislatore ha ratificato regole rigide e molto restrittive al fine di assicurare elevati standard qualitativi a ogni bottiglia commercializzata. Per quei viticoltori che decidono di produrre in deroga a tali normative si apre la possibilità di ricadere nella generica AOC regionale Bourgogne o, qualora siano rispettati i confini geografici del distretto, di aggiungere sull’etichetta il poco utilizzato suffisso Côte Chalonnaise.

CHATEAU DE RULLY

Nonostante non contempli appezzamenti Grand Crus, la sotto-regione vanta una nutritissima batteria di climats Premier Cru, negati solamente alla prima delle suddette che oltretutto si distingue dalle altre per l’utilizzo in purezza della meno rinomata varietà autoctona Aligoté. Tutte le denominazioni prevedono la produzione di vini bianchi, mentre a sole tre di esse è concessa la possibilità di confezionare anche vini rossi. Il principale punto di forza di queste etichette è il rapporto qualità/prezzo, senza dubbio molto conveniente rispetto ai celebrati pari grado della Côte d’Or, ma a conti fatti anche nei confronti degli omologhi bianchi di Chablis e Pouilly-Fuissé.

I 142 Premier Crus offrono inoltre la ghiotta opportunità, sia agli appassionati più incalliti, sia ai neofiti che vogliono affacciarsi sul complesso universo vinicolo borgognone, di saggiare le innumerevoli sfaccettature dei due nobili vitigni. I villaggi delle cinque denominazioni comunali si susseguono da nord a sud a modeste distanze tra sobri manieri secolari, incontaminati pendii vitati e fitte macchie boschive in una rilassante atmosfera rurale che invita a distensive escursioni su due ruote e a placide passeggiate tra i filari. Anche nei piccoli e pittoreschi centri abitati si respira l’aria tersa e fragrante di un mondo ancora visceralmente legato alle più nobili radici contadine.

Iniziamo a conoscere meglio questo grazioso angolo di Francia assaggiando tre straordinarie etichette, paradigmatiche delle relative principali varietà coltivate, che hanno le carte in regola per allietare le vostre imminenti tavole pasquali.

Bouzeron – Domaine de Villaine (Aligoté in purezza)

Pierre de Benoist, nipote del celeberrimo Aubert de Villaine, co-proprietario del mitico Domaine de La Romanèe-Conti, coltiva con pratiche biologiche nove ettari di vecchie vigne nel cuore pulsante della singolare denominazione.

Le pregiate uve della sottovarietà “doré”, grazie alle basse rese che garantiscono aromi più eleganti e complessi, immortalano un vino dal limpido colore oro pallido con brillanti riflessi verdognoli e dai delicati profumi di acacia, biancospino e nocciola, intrecciati alla caratteristica nota di pietra focaia.

Scorrevole, generoso e corroborato da una vibrante vena salmastra che incornicia la freschezza degli agrumi e della frutta bianca, coniuga in bocca densità carnosa e lunghezza minerale. Per quanto esprima la sua massima piacevolezza in abbinamento ai frutti di mare, accompagna benissimo anche torte di verdure e primi piatti di pesce.

Givry Blanc Premier Cru Petit Marole – Domaine François Lumpp (Chardonnay in purezza)

La marginale produzione di bianchi nel distretto vitivinicolo di Givry deve la sua fama crescente a questo giovane viticoltore che fin dai suoi esordi negli anni Novanta ha caparbiamente creduto nel suo sottovalutato potenziale e può oggi annoverare nel suo portafoglio tre luminose cuvée mono-parcellari, un paio della quali dagli appezzamenti Premier Cru Crausot e Petit Marole.

Punta di diamante di tale produzione, quest’ultima si caratterizza per il vivace abito mielato e i profumi floreali di acacia e giglio, intarsiati da nuances di frutta secca e da una dolce sfumatura limonosa. Il bilanciamento tra pastosità e affilatezza garantisce grande persistenza e stupefacente verticalità all’assaggio che si galvanizza su brodetti di mare, paste all’uovo ripiene e tagliatelle con ragù di cortile.

Givry Rouge Premier Cru Clos du Cellier Aux Moines – Domaine Joblot (Pinot Noir in purezza)

I fratelli Jean-Marc e Vincent Joblot sono tra i più importanti artefici della rinascita di questa storica denominazione della Côte Châlonnaise, osannata già nel lontano Cinquecento dal sovrano francese Enrico IV di Borbone.

Clos du Cellier Aux Moines è una magnifica parcella, completamente esposta a meridione e cintata da muretti a secco, nel cuore dell’anfiteatro naturale di Givry: il suolo argilloso-calcareo è ideale per la perfetta maturazione di uve pinot noir in grado di caratterizzare vini dal profondo colore rubino intenso e dai classici profumi di viola, lampone, ribes nero e tabacco.

L’importanza dei tannini, nobili ed eleganti, e la corposa trama vellutata sottolineano i dolci sapori di ciliegia e susina, ingioiellati da sentori di sottobosco e da una nota finale di polvere da sparo. Travolgente con arrosti di carne, superlativo a fianco di agnello e capretto.

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