Classiche, legal, NFC, QR e braille: le etichette
Quando ci troviamo a parlare con persone che comprano vini per passione o semplice curiosità, capita spesso di chiedere quale sia il loro criterio di scelta. La risposta più frequente è sempre “L’etichetta”.
“Anche l’occhio vuole la sua parte” recita un vecchio adagio e, fedeli ai detti popolari, molti acquirenti si fanno attrarre dalle “cover” che più li ispirano. Molti puntano sulle etichette classiche, austere, che magari riproducono uno stemma simil nobiliare (il blasone nel vino funziona sempre). Poi c’è chi va a caccia del nome famoso (quasi sempre vincente con chi conosce poco il vino) e chi si affida a collarini e adesivi che riportano i voti di guide o riviste specializzate, considerate una bussola nel “mare magnum” delle enoteche.
Detto questo, il mondo delle etichette è anche tanto altro. Innanzitutto, bisogna ricordare la questione della proprietà intellettuale di quello che vediamo. Il packaging valorizza un prodotto commercialmente, graficamente ed è fondamentale a livello di comunicazione. Per questo le cantine dovrebbero sempre informarsi riguardo le questioni di proprietà intellettuale, prima di sviluppare il progetto di un etichetta; se alle utilizzazioni delle opere dell’arte o dell’architettura si applicano le norme di diritto d’autore, le privative sui nomi sono regolate dalle norme di diritto industriale relative ai marchi. In merito vi consigliamo la lettura di questo articolo dell’esperta Francesca Boschiero dello Studio F Legal.


Dall’estensione digitale alle informazioni di smaltimento passiamo all’allargamento della fruibilità di un’etichetta ai non vedenti. Pietro Monti, titolare dell’Azienda Agricola Roccasanta, dopo aver perso la vista in un incidente ha ideato delle etichette braille per scrivere il nome della cantina con i caratteri per i non vedenti. Rimangono ancora dei problemi normativo/burocratici sullo sviluppo di queste etichette ma una luce nel buio è stata accesa.
